Buon anno nuovo a tutta l'opposizione al governo del Jobs act (anche al M5S)

8 Gennaio 2015 /

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di Sergio Caserta
Sì. È finito un annus horribilis per la disperata Italia dei licenziati, dei disoccupati, dei migranti nei campi di concentramento, degli occupanti delle case sfitte e di quelli che sono tornati dai genitori perché non potevano più pagare il mutuo, degli esodati, dei pensionati al minimo, delle donne che tirano avanti con fatica le famiglie, dei laureati che fanno i lavapiatti a Londra e anche a Roma.
L’Italia dei tanti che non si curano più, di quelli che devono dire ai figli di rinunciare a studiare perché anche i libri costano troppo. L’Italia di chi arranca perché l’ascensore sociale va solo in basso. A quest’Italia occorre un forte augurio che il 2015 porti qualcosa di buono ma è dura sperarlo, soprattutto finché rimane in piedi l’attuale governo. Questo di Renzi è il governo dei furbi col naso fino, di chi si mette dalla parte dei bottoni, dei nuovi assicurati, di quelli che cianciano di voler lottare la corruzione ma poi di vero non fanno niente, mettono davanti il buon Raffaele Cantone e se ne lavano le mani.
Se intendessero combattere davvero il malaffare, dovrebbero innanzitutto denunciare il “pactum sceleris” con Berlusconi, reintrodurre il falso in bilancio, combattere la grande evasione fiscale e non premiare, come hanno invece fatto, gli evasori del gioco d’azzardo. Cominciare a dare l’esempio nel pubblico impiego, non con le demagogiche minacce ai generici fannulloni (che intendiamoci esistono) bensì colpendo i privilegi degli alti burocrati, che percepiscono lauti compensi senza mai dar conto dei risultati e che appartengono a tutte le possibili logge massoniche, consorterie religiose e gruppi d’interesse trasversale. Tutte cose che Renzi non farà mai perché lui è una costola del sistema e con quest’ordine di potere ha fatto carriera e conta di proseguire.

L’augurio pertanto è alla crescente opposizione, per il momento soprattutto sociale, delle lavoratrici e dei lavoratori che lottano per difendere il proprio salario e la dignità, dei precari della pubblica amministrazione, perennemente sfruttati proprio da quello Stato che dovrebbe difenderli, ai tanti piccoli artigiani falcidiati dalla crisi che lottano per salvare la propria impresa, ai pendolari che patiscono per raggiungere l’ufficio, la scuola e tornare a casa, ai cittadini migranti che affrontano mille pericoli per approdare a un destino diverso e finiscono per incontrare l’oppressione mafiosa del caporalato.
Un’opposizione sociale che non è ancora politica, ma può diventarlo se finalmente le frammentate forze progressiste, decidono di unirsi per un progetto comune e coerentemente alternativo a questo sistema. Può succedere: in Grecia e in Spagna stanno crescendo movimenti e coalizioni che raccolgono molti consensi, Syriza e Podemos in primo luogo, raggruppamenti che non sono certo i vecchi partiti novecenteschi.
La crisi sta spingendo l’opinione pubblica a richiedere cambiamenti reali delle proprie condizioni di vita. Il fiscal compact, l’austerità e i tagli imposti dalla Troika e dal predominio degli interessi delle regioni più forti del nord Europa, in primo luogo della Germania, non garantiscono la fuoriuscita dalla crisi, al contrario hanno determinato un maggior impoverimento di milioni di persone.
Lo spauracchio dei registi delle larghe intese: “O noi o il populismo della destra xenofoba” non convince più, è chiaro che la minaccia delle destre razziste è l’alibi per mantenere in piedi un predominio delle grandi concentrazioni economico finanziarie e delle forze conservatrici con l’utile supporto degli esangui socialdemocratici.
È necessario un cambiamento reale nella direzione di una diversa redistribuzione dei sacrifici e delle ricchezze: meno guadagni alla grande finanza e più imposte sui grandi patrimoni, più reddito ai cittadini e meno tasse ai produttori di ricchezza reale, più ambiente e meno cemento, più treni e meno auto, più cultura e meno televisione, più democrazia e meno burocrazia, più diritti e meno diseguaglianze, sì alla democrazia, no alle oligarchie.
Se questo è il tragitto su cui si può costruire un progetto di governo per l’Italia e per l’Europa, occorre che le diverse forze dell’opposizione si mettano a lavorare insieme, in Parlamento e nel Paese. Un ruolo importante di coagulo lo può svolgere il Movimento Cinque Stelle, uscendo da uno splendido isolamento ( la grotta in cui s’è rifugiato Beppe Grillo..) perché l’autosufficienza, è dimostrato, non basta per la situazione dei rapporti di forza, soprattutto per la drammaticità della crisi e l’ urgenza di avanzare proposte credibili. Il momento dell’unità è adesso.
Questo post è stato pubblicato sul FattoQuotidiano.it il 2 gennaio 2015

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