In vista dell’evento organizzato nella capitale C’è un avvenire per la sinistra? (17 dicembre, ore 16, Cgil Roma-Lazio), pubblichiamo la terza e ultima parte (qui la prima e qui la seconda) di questo articolo apparso sul numero 5/2014 di Critica Marxista.
di Alfiero Grandi
Verso una nuova forza politica?
Le condizioni per dare vita a una formazione politica di sinistra, esigenza sentita da molti, non sembrano oggi del tutto mature. In questa fase l’accento può essere posto sul merito delle scelte, cercando di creare un ambiente, un vissuto ideale e politico comune, anche attraverso sedi comuni di elaborazione, come premesse indispensabili per le conseguenti scelte organizzative. Infatti le scelte organizzative non debbono diventare l’assillo consolatorio per superare le difficoltà politiche che pesano su tutta la sinistra. Anche in passato ci sono state esperienze che si sono rivelate scorciatoie organizzative e che non hanno avuto né il necessario respiro politico e ideale, né grande fortuna.
Occorre porsi con chiarezza il problema dello spessore politico dei fondamenti che possano costituire le basi di una nuova forza politica di sinistra, e quindi delle scelte politiche di fondo, altrimenti l’attrazione del potere esistente resterà un vincolo difficilmente aggirabile. Il nodo più difficile da superare riguarda quella sorta di giuramento fatto da un intero gruppo dirigente sulla scelta di dare vita al Pd. La discussione su una ipotesi di scissione non sembra impostata correttamente. L’allontanamento silenzioso è in corso da tempo. Quindi una scissione silenziosa è in atto, ma non sembra destare grande interesse nel gruppo dirigente del Pd. La stessa idea di costruire in Italia un partito di sinistra pluralista e democratico è contraddetto dal leaderismo dominante e da richiami alla disciplina sulle decisioni prese dal leader di stampo sovietico, che puntano a ottenere omogeneità a ogni costo. Il problema da risolvere è se il Pd è in grado di essere il veicolo per fare diventare classe dirigente i lavoratori, tutti i lavoratori, oppure no.
La risposta a questo interrogativo può aiutare a sciogliere un nodo difficile, su cui è stata spesa molta retorica e tanta imitazione di un modello americano che sappiamo essere in realtà molto diverso dalla sua applicazione nostrana – basti pensare alle primarie. Mettere in discussione scelte compiute non è mai semplice, ma in questo caso è indispensabile, altrimenti tutto resta fermo, in attesa. Il Pd può avere un’evoluzione come partito di sinistra e se sì a quali condizioni? O semplicemente il Pd è irriformabile e va superato per consentire la formazione di una forza politica di sinistra? È la risposta a questi interrogativi che deciderà dei comportamenti futuri.
Il timore che la caduta di Renzi apra un vaso di pandora ingovernabile è in parte comprensibile, ma neppure si può per questo restarne paralizzati, subendo scelte inaccettabili. Inoltre è evidente che più il tempo passa, più si consolida un’identificazione delle sorti del Pd con quelle del suo leader: simul stabunt, simul cadent. Né tanto meno si può regalare alla destra il tempo di ricostituirsi e di diventare l’unica alternativa in campo a Renzi. La sinistra in entrambi i casi sarebbe fuori gioco. C’è la necessità di preparare una proposta politica a sinistra che consenta di mettere in campo un’alternativa, in grado di condizionare Renzi seriamente, se è possibile, oppure di aprire un nuovo orizzonte, con l’ambizione di prenderne il posto.