La Costituzione e la riforma costituzionale: un incontro con Maurizio Viroli

11 Dicembre 2014 /

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Costituzione della Repubblica italiana
Costituzione della Repubblica italiana

di Roberta Mistroni
Ho avuto la grande fortuna di assistere ad un incontro con Maurizio Viroli, filosofo della politica e autore di libri molto importanti come La libertà dei servi, a Belvedere Ostrense nelle Marche e ho ritenuto importante dare ordine agli appunti che ho preso in quell’occasione aggiungendo anche qualche mia piccola riflessione.
La costituzione repubblicana
La nostra Costituzione ha un chiaro contenuto antifascista non tanto perché elaborata e approvata dopo la caduta del fascismo, ma soprattutto perché nei suoi articoli si affermano principi antifascisti:

  • 1. L’articolo 1 afferma che la sovranità appartiene al popolo, il fascismo invece riservava la sovranità a chi deteneva il potere e cioè al partito fascista e quindi al Duce;
  • 2. L’articolo 2 sancisce il principio personalista affermando che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. La persona è quindi al centro della Costituzione mentre nel regime fascista il centro di tutto era lo Stato fascista e l’uomo era solo al servizio dello Stato;
  • 3. La Costituzione dedica ai diritti di libertà moltissimi articoli e precisamente dall’articolo 13 all’articolo 28. I diritti di libertà sono riconosciuti in tutte le loro forme: libertà personale, inviolabilità del domicilio, segretezza della corrispondenza, libertà di circolazione, di riunione, di associazione, di manifestazione del pensiero ecc. Tale riconoscimento non era certamente presente durante il regime fascista che invece negava i diritti fondamentali: la libertà personale non era assicurata, il domicilio era violabile, la corrispondenza era soggetta a censura, la libertà di associazione negata, la manifestazione del pensiero repressa attraverso la negazione della libertà di stampa ecc.


In base alla Costituzione repubblicana l’Italia avrebbe dovuto diventare quindi un Paese definitivamente antifascista senza possibilità di tornare al passato. Purtroppo però l’esperienza, soprattutto di questi ultimi venti anni, ha dimostrato che non si è verificato quanto sperato. Infatti i principi che stanno alla base dell’antifascismo e che rappresentano l’ossatura della Costituzione sono stati largamente disattesi e calpestati.
In definitiva la Costituzione nelle sue parti fondamentali non è stata applicata e oggi si assiste al tentativo di formalizzare le modifiche già in parte introdotte materialmente. Il pericolo è grande e non tutti si rendono conto che si sta scivolando sempre più verso uno Stato antidemocratico dove diritti e libertà non sono più garantiti. Infatti voler cambiare la Costituzione per adeguarla all’attuale realtà non è fare un’azione antifascista, bensì agire per rendere lo Stato anche formalmente autoritario.
Si deve tenere presente un altro punto essenziale: la Costituzione repubblicana è tale, cioè democratica e antifascista, oltre che per il riconoscimento di principi antifascisti e di diritti, anche perché riconosce ai cittadini doveri ai quali essi devono sottostare in quanto detentori della sovranità al fine di difendere la Costituzione. Tra i diversi doveri dei cittadini ricordiamo quelli sanciti dai seguenti articoli:

  • 1. L’articolo 2 “La Repubblica riconosce … e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Il dovere della solidarietà è essenziale per l’esistenza di un popolo che vive come collettività;
  • 2. L’articolo 67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Ciò significa che gli eletti dal popolo hanno il dovere di rappresentare il popolo stesso cioè la Nazione e quindi di agire per il suo bene. Non hanno il vincolo di mandato cioè del loro agire non rispondono al partito o al gruppo di appartenenza ma al popolo. Ciò significa che in Parlamento non si vota per disciplina di partito ma secondo coscienza nell’interesse della Nazione;
  • 3. L’articolo 48 afferma che il voto del cittadino non è solo un suo diritto ma anche un suo dovere civico in quanto egli è titolare della sovranità e dal suo voto e dalla sua partecipazione dipende la formazione degli organi istituzionali ai quali è affidato l’esercizio della sovranità. La non osservanza del dovere di partecipare e di votare rischia di trasformare il cittadino in suddito di un’oligarchia che fa uso del potere per i suoi unici interessi;
  • 4. L’articolo 52 afferma che la difesa della patria è un dovere sacro. Il concetto di patria durante il fascismo era stato usato in maniera distorta (in modo aggressivo e nazionalista). Con la caduta del fascismo e l’approvazione della Costituzione repubblicana si era potuto tornare a parlare di patria in senso elevato perché l’Italia avrebbe dovuto essere una patria nuova, democratica e basata su valori di solidarietà, libertà e uguaglianza;
  • 5. L’articolo 54 afferma che tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. Afferma inoltre che i cittadini che svolgono funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore. Il dovere di fedeltà e il dovere dei cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche di agire con disciplina e onore, va altre l’osservanza delle leggi, ma implica autodisciplina e senso civico. L’azione di coloro che svolgono pubbliche funzioni deve sempre essere sotto il controllo dei cittadini attraverso la loro azione individuale e gli strumenti legali che essi stessi si danno. Nel progetto iniziale della costituzione a questo articolo era previsto anche un altro comma nel quale si riconosceva ai cittadini il dovere di resistere all’oppressione e all’arroganza dei pubblici poteri: forse sarebbe stato bene mantenerlo.

Si può constatare che uno dei peggiori mali della nostra storia è stata la mancanza di fierezza civile cioè di volontà dei cittadini di pretendere l’osservanza delle leggi e del senso civico. Ci si è abituati a lasciar correre affermando “così fan tutti” e quindi pian piano si è accettato di tutto, dalla falsa interpretazione delle norme, alla non applicazione delle leggi, alla corruzione ecc. In definitiva si è chinato il capo al potere e si è accettato come dato di fatto la necessità di adeguarsi. Tutto ciò ha portato all’assuefazione e all’inosservanza del bene comune;
6. L’articolo 98 recita “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” ciò vuol dire che devono agire per l’interesse della Nazione e non nell’interesse personale o del gruppo o partito di appartenenza. Purtroppo spesso le cariche pubbliche sono invece distribuite a seconda dell’interesse del partito o dei partiti dominanti in un certo territorio.
La nostra Costituzione è laica, ma ha in sé una religiosità profonda, pur non riconoscendo alcuna religione come religione di Stato. La sua religiosità (Carta sacra la definì un membro dell’Assemblea costituente) deriva dal suo valore come base per l’esistenza dello Stato.
Modifica o revisione della Costituzione
Ormai è dal lontano 1983 (epoca Craxi) che si parla di cambiare la Costituzione. In realtà non si dovrebbe parlare così a lungo di cambiamenti senza mai fare nulla: o si procede a cambiare ciò che si reputa utile modificare o si tace, perché la discussione sterile che dura all’infinito finisce per delegittimare la Costituzione stessa. Non viene infatti più considerata come legge fondamentale e inderogabile, ma come qualcosa che, poiché deve essere cambiata, può essere derogata senza l’osservanza delle procedure formali e sostanziali che la Costituzione stessa prevede (articolo 138).
Tali sono stati, ad esempio, l’introduzione di un sistema elettorale (il Porcellum) e il tentativo di introdurne un altro, che non rispettano l’eguaglianza del voto (articolo 48) e la sovranità popolare (articolo 1), l’approvazione di un numero sterminato di decreti legge in contrasto con l’articolo 77 c2, l’inosservanza di referendum popolari come quello sull’acqua pubblica in deroga all’articolo 75, l’avallamento dell’idea che il popolo elegge il capo del governo in deroga all’articolo 92 ecc.
Quando si parla di cambiare la Costituzione si usano spesso indifferentemente i termini “riforma” e “revisione”, mentre tra i due termini vi è una differenza sostanziale.

  • A. Riformare vuol dire cambiare radicalmente la Costituzione, il chè equivale ad una rivoluzione. La riforma, cioè il cambiamento radicale che implica il mutamento di tutta l’impostazione e del pensiero che ne sta alla base, non può essere fatta da soggetti membri di un Parlamento che hanno presenti essenzialmente i loro interessi elettorali o meno. La riforma, se riforma deve essere, può essere fatta solo dal sovrano che in Italia è il popolo (articolo 1). Il popolo, come accadde nel 1946, deve eleggere un’assemblea costituente con un mandato preciso: elaborare la nuova Costituzione. L’assemblea costituente, una volta svolto il suo compito, deve sciogliersi e ritirarsi: solo così i membri dell’assemblea saranno portati a svolgere un lavoro nell’interesse della nazione e non nell’interesse personale;
  • B. Revisione invece significa modificare solo alcuni articoli della Costituzione come si evince dallo spirito dei costituenti. L’articolo 138 infatti parla di revisione e non di riforma.

Nella storia repubblicana in effetti ci sono stati diversi esempi di revisione. Ricordiamo, ad esempio, la modifica della durata in carica del Senato, del numero dei deputati e dei senatori (legge cost. n°2/1963) la scissione della regione Molise dalla regione Abruzzo (legge cost. n°3/1963), l’introduzione del giusto processo (legge cost. n°2/1999), ecc.
In conseguenza di quanto affermato l’attuale progetto di riforma del governo Renzi è da ritenersi incostituzionale per diversi motivi tra cui, ricordiamo, il punto centrale è che promana dal governo e non dai rappresentanti del popolo. Il popolo non ha eletto un’assemblea costituente: il progetto nasce non nell’interesse del popolo sovrano ma di un governo e di un Parlamento ad esso asservito (interessi individuali e di partito). Quali sono i motivi per i quali, secondo le forze di governo, la Costituzione dovrebbe essere modificata? Essenzialmente sono due:

  • 1. Motivi economici: c’è la globalizzazione quindi bisogna togliere lacci e lacciuoli all’azione del mercato. Ciò significa negare diritti e quindi solidarietà e uguaglianza. In definitiva si tratta di riformare per ridurre la sovranità del popolo a favore delle esigenze dell’economia globalizzata e della finanza internazionale. Questo è quanto richiederebbero anche organismi internazionali asserviti al potere economico e nemici della democrazia;
  • 2. Risolvere il problema delle lungaggini legislative causate da un bicameralismo perfetto che comporta l’approvazione delle leggi da parte di entrambe la Camere. Il procedimento è ritenuto farraginoso quindi lo si risolve eliminando di fatto il Senato. In realtà è noto che se vi è l’interesse politico l’approvazione da parte di entrambe le Camere non ha mai causato particolari lungaggini.
    Bisogna inoltre tenere presente che spesso la velocità è prerogativa dei governi dispotici, mentre la lentezza è prerogativa della libertà e della riflessione, quindi dei governi democratici.

Ciò che va fatto è riportare il Senato alla sua funzione originaria cioè quella di meditazione e riflessione, tenuto presente che i membri del Senato devono avere almeno 50 anni. Si può eventualmente, come era nella Costituzione del 1948, eleggere il Senato in tempi diversi rispetto alla Camera dei deputati ed eventualmente anche con modalità diverse (vedi ad esempio ciò che avviene negli USA).
Non può mancare un cenno alla riforma elettorale. Premesso che gli sbarramenti elettorali potrebbero al limite avere senso al fine di escludere estremismi antidemocratici, i premi di maggioranza sono totalmente antidemocratici in quanto servono a dividere gli elettori in elettori di serie A e elettori di serie B e quindi a rendere i voti diseguali contro l’articolo 48. Un sistema elettorale deve garantire la rappresentatività popolare e quindi può essere deliberato solo attraverso accordi di altissimo livello tra maggioranza e minoranza parlamentare.

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