La dura vita del rottamato, tra antichi e nuovi attacchi

30 Settembre 2014 /

Condividi su

di Loris Campetti
È dura la vita del rottamato, il passatista nostalgico dell’antico ordine quando gli operai si chiamavano operai e non risorse umane e i padroni non si chiamavano ancora imprenditori; quando c’era la lotta di classe verticale tra capitale e lavoro e non orizzontale tra operai di un’azienda e gli operai di un’altra, maschi contro femmine, vecchi contro giovani, bianchi contro neri, regolari contro precari, etero contro gay.
È dura la vita del rottamato, nostalgico della sinistra che stava da una parte e non da tutt’e due, che era contro i licenziamenti, almeno quelli ingiusti, che contestava la monetizzazione del torto subito dal più debole, che non voleva che lo stato si facesse carico delle carognate dei più potenti e prepotenti scaricandone le conseguenze economiche e morali sulla collettività. La sinistra che concepiva l’eguaglianza come superamento delle ingiustizie estendendo i diritti ai più sfortunati e non togliendoli ai più fortunati.
È dura per un rottamato trovarsi quasi ad applaudire le arringhe democratiche di Massimo D’Alema, o addirittura di Diego Della Valle. C’è qualcosa che non va, che sfugge al rottamato colpevole del reato di memoria, stretto nella contraddizione tra le ragioni delle dure critiche di D’Alema al rottamatore dei diritti sanciti dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori e il ricordo che il primo attacco “di sinistra” a sindacati e Statuto era arrivato 15 anni fa proprio da D’Alema, quello della guerra giusta e delle bombe intelligenti come lui.

Stretto nella contraddizione tra il consenso alle bordate di Della Valle contro il premier parolaio e l’imbroglione Marchionne con cui il Sindaco d’Italia si era schierato senza se e senza per sotterrare la lotta e la dignità degli operai di Pomigliano, e il ricordo delle troppe cause per antisindacalità piovute addosso al Calzolaio d’Italia, l’amico di Mastella e di quel Montezemolo che da piccolo si faceva pagare per organizzare incontri casuali con Gianni Agnelli e da grande vuole che a pagare il carbone per far correre il suo treno sia lo stato, cioè tutti noi.
La memoria fa brutti scherzi, peggio ancora della coerenza. Il rottamato si ricorda che dodici anni fa un segretario della Cgil portò in piazza tre milioni di persone in difesa dell’articolo 18 che rinviarono al mittente il tentativo di Berlusconi e dei suoi Sacconi di cancellarlo e che dieci anni più tardi un altro segretario (a) della Cgil portò davanti a Montecitorio meno di un centinaio di persone contro il tentativo, in parte riuscito, di Monti e delle sue Fornero di fare la stessa cosa. Ora quel segretario (a) grida più forte di tutti contro il rottamatore.
Il rottamato non riesce a dimenticare che i licenziamenti discriminatori praticamente non esistono dai tempi della morte di Vittorio Valletta, che su ordine dell’ambasciatrice americana Luce buttava fuori dalla Fiat gli operai fiommini e comunisti; fa eccezione di Sergio Marchionne che fa come Valletta, senza neanche avere in cambio i macchinari del piano Marshall (l’altra differenza tra i due è che il ragionier Valletta guadagnava 20 volte più del suo operaio e Marchionne 500 volte).
Praticamente impossibile, oggi, con l’aiutino della crisi economica che ogni comportamento legittima, trovare un padrone che dichiari di licenziare un operaio perché è delegato sindacale, o comunista, o gay, oppure una donna perché aspetta un bambino, oppure un operaio perché ha ridotte capacità lavorative dopo trent’anni di lavoro alla catena. Chi sa perché non vuole non sapere, chi ricorda in quanto reo di memoria, è sicuro che quel dipendente sgradito sarà licenziato per motivi economici, per ristrutturazione, per ragioni disciplinari, perché non accetta un trasferimento da Palermo a Merano. Allora il memore pensa che l’apertura di Renzi alle sue minoranze o ai sindacati mantenendo l’art.18 in caso di conclamati e condannati licenziamenti discriminatori sia una presa per il culo, una via d’accesso all’inferno offerta ai rompicoglioni.
Per questo i memori vengono rottamati, dalla politica, dalla sinistra, dalle redazioni, dai posti di lavoro. Ave Matteo, rottamati te salutant.

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati