di Dario Zanuso e Aldo Zoppo
Lo ricordiamo tutti Robin Williams, in quella notte degli Oscar del 1998, quando Mira Sorvino lo chiamò dal palcoscenico dell’Academy Awards per consegnargli la statuetta come miglior attore non protagonista per “Good Will Hunting – Genio ribelle” e lui, emozionato come un bambino, a ringraziare tutti, dal regista Gus Van Sant fino a suo padre in cielo, quasi a voler confermare quel suo animo fanciullesco che lo accompagnerà durante tutta la carriera di attore.
Eravamo poco più che bambini quando si rimaneva incollati alla tv a seguire le storie di Mork e Mindy, imparando a conoscere quell’alieno buono le cui stranezze lo rendevano ancor più diverso dagli altri, per ripetere poi con gli amichetti quei gesti di saluto con la mano che ce lo avevano reso cosi simpatico e familiare.
Poi, alcuni anni dopo, l’esordio cinematografico, nel ruolo di Popeye, diretto da Robert Altman, in un vero cartone umano, dal corpo quasi gommoso, affiancato da quello affilatissimo di Olivia, interpretata da una straordinaria Shelley Duvall, una delle attrici preferite dal regista di Kansas City.
La consacrazione definitiva come star hollywoodiana avviene del 1987 con “Good Morning, Vietnam”, nel quale interpreta il dj di guerra Adrian Cronauer, mostrandoci l’assurdità e la violenza anche psicologica della guerra. Di poco successivo, del 1989, è la sua interpretazione più memorabile, quella del professore John Keating di “L”attimo fuggente”, un vero colpo al cuore, soprattutto per chi, come noi, viveva in quel periodo il passaggio dall”adolescenza alla maturità.
E ancora abbiamo continuato a crescere e anche a piangere con i suoi personaggi, quando abbiamo scoperto che a volte i sogni dobbiamo tenerceli stretti come prova a fare in tutti i modi il personaggio di Peter Pan che, sebbene adulto, non vuole saperne di crescere. Chi non avrebbe voluto, poi, un padre come quello di “Mrs Doubtfire”, il quale, pur di rimanere vicino ai propri figli si finge donna governante.
Ancora una volta ha indossato i panni di un professore, questa volta capace di comprendere, dietro le apparenze di un ordinario ragazzo delle pulizie, pieno di insicurezze, un grande genio matematico. Gli insegnerà a sviluppare queste potenzialità, ma soprattutto a vivere con più equilibrio le sue relazioni interpersonali e ad aprirsi al mondo.
La rottura degli schemi e la fantasia continuano ad accompagnarlo nell’interpretazione dei personaggi dei suoi film, come il dottore di “Patch Adams” o l’eccentrico personaggio proprietario di una fabbrica di giocattoli in “Toys”. La poliedricità di attore gli permetterà però anche di interpretare personaggi cupi come in “La Leggenda del re pescatore” o le più recenti pellicole “Insomnia” e “One hour photo”.
Robin Williams possedeva anche un forte senso dell’improvvisazione tanto da fargli affermare ironicamente, in una recente intervista di presentazione del suo ritorno alle serie tv “The crazy ones”, che al cinema lui improvvisava tra il 12% ed il 13,4%.
Di questo grande attore ricorderemo sopra ogni cosa un’immagine. Quell’innalzarsi sul banco della propria esistenza, declamando “Oh capitano, mio capitano”, per affermare con coraggio le proprie idee, al di fuori di convenzioni o conformismi. È con questa immagine che vorremmo salutare, senza provare vergogna per qualche lacrima, il nostro professor Robin. Addio capitano.