di Alfiero Grandi
È in corso la raccolta delle firme a sostegno di 4 referendum che tentano di mettere in discussione la politica di austerità che ha costretto l’Europa e l’Italia ad una lunga recessione con una grave caduta occupazionale. Fase non terminata perché l’economia è ferma e la trappola della deflazione non è scongiurata.
Sui 4 referendum ci sono osservazioni, dubbi. Discutiamone apertamente. È positivo che contro la politica di austerità – che sta tuttora provocando tanti danni sociali ed economici – sia stata presa un’iniziativa concreta. Da anni la critica alla politica di austerità, pur vasta e diffusa, non ha trovato modo di esprimersi e questo ha generato il dubbio che, malgrado la sua evidente incapacità di risolvere la crisi e le conseguenze di crescente ingiustizia sociale e di allargamento della povertà, non vi fossero in campo reali alternative. Quando non vi sono alternative credibili anche le politiche più avversate finiscono con l’essere subite creando passività e rassegnazione. È andata così.
La sinistra politica e sociale ha la grave responsabilità, finora, di non avere saputo dare credibilità e forza ad un’iniziativa contro l’austerità, delineando un’alternativa di politica economica ai Moloch distruttivi delle percentuali previste dal patto di stabilità. Ora è in campo l’iniziativa dei 4 referendum ed è possibile provarci.
I 4 referendum passeranno il vaglio della Corte? Sono ammissibili? È bene non tirare per la giacca la Corte. C’è chi l’ha fatto, in genere per motivi non nobili. Non è questo il caso. La Corte giudicherà e tutti ci rimetteremo al suo giudizio. Tuttavia è lecito argomentare che nessuno dei 4 referendum apre problemi nella finanza pubblica perché cercano di colpire l’eccesso di zelo, il di più che è stato inserito nella legge 234 che attua il nuovo (infausto) articolo 81 della Costituzione. Non c’è maggiore spesa, semmai un eccesso di autolimitazione. In ogni caso è bene che almeno 500.000 cittadini chiedano alla Corte di giudicare l’ammissibilità dei 4 quesiti con argomentazioni forti, collegate al malessere e allo scoramento del paese, anche aggiornando la sua giurisdizione – se necessario – come più volte ha avuto il coraggio di fare.
I 4 referendum risolvono da soli i problemi? No. I referendum sono stati formulati tenendo conto dei vincoli della nuova formulazione dell’articolo 81 della Costituzione e del fiscal compact, che è un trattato tra stati e quindi crea degli obblighi. I 4 referendum colpiscono il di più, l’eccesso di zelo, che sono forse conseguenti a impegni non scritti, tuttavia criticano apertamente la politica di austerità e consentono di dire con chiarezza che oltre gli obiettivi immediati ci sono quelli più ambiziosi come la revisione dell’attuale articolo 81 della Costituzione, ripristinando la sovranità del governo e del parlamento sulle scelte nazionali. La modifica della Costituzione incorporandovi la politica di austerità non è un obbligo derivante dai trattati.
È giunto il momento di mettere in discussione il fiscal compact e quella ragnatela di impegni che obbligano a politiche di austerità anche quando sono palesemente sbagliate. Questo è possibile per iniziativa del governo italiano e per iniziativa europea. Il parlamento neoeletto e la nuova Commissione dovrebbero occuparsi del problema. È importante che il Pse abbia chiesto al candidato Presidente Junker di rivedere il Fiscal compact. È la prima volta che se ne parla.
C’è un altro aspetto che va posto apertamente: il ruolo della Bce. Da tempo si parla di allinearne le politiche a quelle della Federal reserve per aiutare la crescita e quindi vanno affrontati 2 aspetti. Interrompere la regalia che vede la Bce prestare denaro alle banche a costo quasi zero con il quale comprano titoli pubblici, realizzando un consistente guadagno. Perché la Bce non può comprare direttamente debito pubblico, almeno oltre il livello del 60 %, ma è obbligata a fare questo regalo alle banche? È questione politica non economica, riguarda l’Europa e le sue regole. Ancora, la Bce deve realizzare interventi per la crescita altrimenti del patto di stabilità si continua ad ignorare il secondo aspetto: la crescita. La Bce studia ma è troppo poco perchè la stagnazione continua a produrre effetti nefasti.
I 4 referendum vanno quindi accompagnati da iniziative a livello nazionale ed europeo per cambiare in radice i vincoli dell’austerità. Il governo Renzi non dovrebbe dispiacersi di questi referendum, anche se per ora sembra autorinchiudersi nell’interpretazione della flessibilità dei trattati europei. Questo porterebbe a diluire i problemi senza risolverli, troppo poco. I 4 referendum possono aprire spazi per tutti in Europa, anche al governo, se l’iniziativa per superare l’austerità è reale e non solo propaganda come verificheremo entro qualche mese.
Pur consapevoli dei limiti questi referendum vanno appoggiati.