Decreto Ilva: licenza di inquinare

22 Luglio 2014 /

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di Antonia Battaglia
Il nuovo decreto Ilva, approvato in consiglio dei Ministri il 10 luglio scorso, rappresenta l’ennesimo passo fallimentare del Governo nella risoluzione della questione Ilva a Taranto. La norma é stata presentata come misura che vuole mettere in primo piano la realizzazione del cronoprogramma AIA e quindi le misure necessarie all’abbattimento dell’inquinamento. Tutto ciò si sarebbe potuto realizzare se si fosse cominciato per tempo, così come già deliberato dei diversi decreti precedenti, approvati dal governo sull’Ilva negli ultimi anni.
Il programma di questo decreto prevede, sulla scia del piano ambientale di qualche mese fa, che l’80% delle misure previste dall’AIA sia messo in opera entro il luglio 2015, mentre il restante 20% (che potrebbe includere le misure più urgenti, più importanti e quindi più costose) venga realizzato entro l’agosto 2016. Una rimodulazione dei tempi che avalla una disposizione accolta con grande sorpresa anche dalle Istituzioni Europee. La norma, infatti, rappresenta una nuova sanatoria e una violazione della direttiva europea IPPC sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento ambientale.
Perché con tale disposizione, che conferma il Decreto-Legge 10 dicembre 2013, n.136, l’Ilva è autorizzata a rimandare nuovamente l’attuazione delle misure più stringenti come ad esempio la copertura del parchi minerali (i cumuli di polvere sono a cielo aperto, esposti al vento e quindi distribuiti su tutta la città od esposti alla pioggia, portati direttamente nella falda acquifera – il terreno Ilva non é impermeabilizzato – e nel mare). Tra le prescrizioni fondamentali, ci sono anche la riduzione delle emissioni della zona della cokeria, non aspirate perché le apposite cappe non sono in funzione.

Il nuovo decreto deroga rispetto all’attuazione dell’AIA approvata nell’ottobre 2012, che fissava al luglio del 2014 il termine ultimo per la realizzazione dei lavori. La Corte Costituzionale aveva inoltre sancito che l’Ilva avrebbe potuto produrre solo nell’ottica del rispetto di tale cronoprogramma AIA. Solo la copertura dei parchi minerali aveva una scadenza più lunga, ottobre 2015.
Questa nuova norma, la sesta disegnata ad hoc ed in tutta urgenza, non contempla affatto misure risolutive del problema, ma rappresenta una semplice operazione di dilazionamento destinata a mettere una toppa temporanea all’emergenza dell’esercizio corrente che presenta difficoltà nei pagamenti delle forniture dell’indotto e nella corresponsione degli stipendi ai dipendenti.
La crisi dello stabilimento non é segreta, così come non lo é la manovra del Governo e della proprietà, tendente alla vendita del siderurgico. A tal fine, infatti, avanzati sono stati i contatti con il gruppo franco-indiano Arcelor Mittal. Il decreto si iscrive nella lunga lista delle disposizioni non risolutive, il cui obiettivo é quello di assicurare la continuità della produzione, con la garanzia di uno status quo che favorisce azienda e Governo. Nullo é l’intervento sulle gravi falle strutturali dello stabilimento. Il decreto garantisce inoltre la posizione delle banche, alle quali é stato chiesto un prestito per il pagamento dei debiti più urgenti.
Cosa dovrebbe fare allora il Governo attraverso il Commissariamento, se decidesse effettivamente di lavorare per una soluzione risolutiva ed immediata?

  • 1) Mettere in atto il programma AIA, con i tempi già decretati nel 2012, utilizzando i fondi della proprietà per la realizzazione degli interventi strutturali ed impiantistici già individuati.
  • 2) Realizzare un piano sanitario straordinario, adeguato alla gravità della situazione della città. A Taranto, lo dice anche il recentissimo aggiornamento dello Studio Sentieri, si muore tanto e di più (i dati sono pubblici e online sul sito dell’Istituto Superiore della Sanità).
  • Nuovi reparti oncologici, di neonatologia, di cardiologia, di pneumologia, di pediatria, nuove attrezzature, nuovi medici, infermieri. Una macchina sanitaria, insomma, capace di affrontare questa emergenza, che così come é stato detto nel convegno organizzato dalla Onlus “Delfini e Neonati” tenutosi a Taranto il 12 luglio scorso, non ha conosciuto ancora il suo picco massimo, previsto per il 2016.

  • 3) Chiarire quale é la strategia industriale del futuro in termini di mantenimento o meno della attività, dell’assetto societario, della nazionalizzazione o non nazionalizzazione, della vendita o meno, della riduzione della produzione, della trasformazione in altra attività e così via.
  • 4) Consequenzialmente, delineare una nuova politica economica ed occupazionale di livello nazionale, capace di portare la città fuori dalla dipendenza della “monocoltura” siderurgica. Un programma in cui Taranto trovi un nuovo ruolo strategico, basato sui suoi assets quali: le strutture portuali, le straordinarie competenze nel campo della meccanica, della ricerca, dell’elettronica, dell’informatica, delle energie rinnovabili, del turismo e delle attività marinare ed agroalimentari, etc.

Nel frattempo, nello stabilimento la scarsa efficienza gestionale determina quotidianamente episodi di slopping con gravissimi effetti di inquinamento. Lo slopping é un processo di liberazione di nubi di polveri di minerali, altamente nocivo, che avviene durante la trasformazione della ghisa in acciaio e che é frutto di un disservizio di produzione.
I ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente hanno dichiarato che il nuovo decreto garantisce una prospettiva di tutela ambientale e salva il siderurgico, assicurando la produttività, leggasi lo status quo.
Ilva. Terra dei Fuochi. Il Decreto-Legge n. 1345 sui reati ambientali. Il Decreto-Legge n. 91 sulle bonifiche, aree militari e la tutela ambientale. Sembra che il Governo abbia mollato la presa, pur di salvare l’industria pesante obsoleta, senza tenere conto del diritto dei suoi lavoratori e dei suoi cittadini alla vita. Sembra che l’Italia voglia andare contro corrente, contro lo sviluppo tecnologico sostenibile e competitivo, che si sia scelto un modello di produzione, di sviluppo ed una filosofia politica che guardano al passato invece di guardare al futuro.
Occorrerebbe un cambio di passo, uno scatto ed una vision diversa da parte, auspicabilmente, di una nuova sinistra, rinnovata nei suoi valori e nei suoi ideali, che potesse farsi interprete di un modello economico, sociale ed ambientale moderno e tecnologico. In molti paesi questo modello ha già prodotto effetti rilevanti, garantendo crescita economica e coesione sociale.
Dove manca innovazione c’è inevitabilmente il declino. Dove manca la ricerca c’è l’involuzione.
Questo articolo è stato pubblicato su Micromega online il 14 luglio 2014

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