di Bruno Giorgini
Rispetto all’eruzione lavica di nazionalismi, fascismi e neonazismi nelle recenti elezioni europee, abbiamo visto sostanzialmente emergere due atteggiamneti da parte dell’establishment (grandi partiti, osservatori dei media, politologi i più vari, sindacati, istituzioni e quant’altro). Uno, forse minoritario, che tenta di ridurre l’ondata a poco più di una increspatura frutto di più o meno effimeri sentimenti di protesta, argomentando che, comunque, il PPE e il PSE hanno insieme la maggioranza larga nel futuro Parlamento europeo, e quindi, al peggio o al meglio – dipende dai punti di vista – per la CEE si arriverà a una coalizione di larghe intese che garantisce stabilità.
Basta volgere gli occhi a Est fino in Ucraina, misurando il peso dei neonazisti e consimili nel governo e nella guerra civile in corso, ora – ma fin quando – a bassa intensità, per rendersi conto di quanto costoro siano simili agli struzzi, con la testa sotto la sabbia e il culo all’aria, esposto a tutte le intemperie. A Ovest poi, nei paesi a più vecchia e solida democrazia, Francia e Inghilterra, vincono Marine Le Pen nel paradosso di un PS fino a un anno fa il più forte d’Europa e oggi confinata al terzo posto con un distacco di oltre 10 punti dal FN, e l’Ukip al 29%, non propriamente fascista, soltanto ultraliberista, omofobo, razzista e xenofobo, un partito talmente di destra da impedire che i conservatori – i quali come destra non scherzano- prendano in considerazione una ipotesi non dico di alleanza ma neppure di contiguità.
A proposito di Ukip, nel panorama europeo spiccava l’anomalia del M5S, diciamo molto critico verso l’UE e l’Euro, ma non di destra, anzi, come Grillo sbandierava, oltre la partizione tra destra e sinistra, secondo lui vecchiume da gettare nella spazzatura della storia. Poi invece ecco che i due leader pranzano allegramente insieme, Grillo – in semiclandestinità altro che streaming- e Farage, a Bruxelles per concordare un gruppo comune – M5S e Ukip – ipotesi che si può solo sperare non si concretizzi, soprattutto per i cittadini onorevoli 5 stelle, che diventerebbero in questa alleanza parecchio dis/onorevoli.
Ma riprendendo il filo, il secondo punto di vista vede il pericolo, imputandolo in modo più o meno esplicito e forte alla crisi economica, in particolare all’austerità e rigore imposti dalla Germania e dalla famigerata troika (CEE, FMI, BCE). Queste politiche economiche brutali, dense di violenza sociale, portatrici di diseguaglianze sempre più profonde e estese, hanno prodotto veri e propri disastri, in primis una massiva disoccupazione nonchè devastando lo stato sociale, con una recessione e/o stagnazione che appare senza fine e senza speranza per quasi tutti i paesi, Germania esclusa va da sè, che anzi ci guadagna assai.
In questo terreno sociale e economico sconvolto e desertificato si sarebbe aperto il varco per l’emergere dei movimenti e partiti “populisti euroscettici”, dizione altamente mistificatoria per significare nazional nazionalisti fino ai fascisti e neonazisti. Insomma questi movimenti e/o partiti sarebbero figli della povertà, un ondata di nero fascismo della miseria. Quindi la soluzione starebbe soprattutto nella capacità di attivare un meccanismo di crescita, con una qualche redistribuzione del reddito un poco più equa.
Non entrerò qui nel merito delle difficoltà persino semantiche che si annidano nella parola “crescita”, che allo stato attuale sembra destituita di ogni fondamento, e neppure nel fatto che, comunque la si metta, se non entra in funzione una tassazione del/i capitale/i con un controllo sulle transizioni finanziarie, sarà sempre come svuotare il mare con un cucchiaino. Quel che mi pare vada sottolineato è la crisi dell’ Europa delle Nazioni, enunciata a suo tempo da De Gaulle, e non caso l’epicentro del terremoto nazionalista sta proprio a Parigi. La vittoria di Marine Le Pen si nutre e affonda le sue radici nell’Europa delle Nazioni, ne è in qualche modo figlia, forse degenere, ma comunque figlia.
La deflagrazione di questa Europa delle Nazioni, e degli Stati – che non è proprio la stessa cosa – spiazza, spezza, manda in frantumi identità individuali e collettive. I confini in Europa stanno evaporando, gli stati perdono potere sui due versanti, la finanza internazionale globalizzata, e le entità sovranazionali – G20, G8, NATO, Consiglio di Sicurezza dell’ONU, FMI, UE, eccetera – i popoli sentono di avere sempre meno voce in capitolo, gli individui chiedendosi cosa significa essere francese o italiano o polacco, cosa conta, e perchè non conta niente, in una quadro quantomeno opaco dei diritti e doveri, basti pensare come vengono trattati quei cittadini europei detti Rom. Ovvero gli individui che abitano il continente d’Europa non possono più dirsi nè a pieno titolo cittadini di uno stato nazionale, e neppure cittadini europei.
In questo vuoto d’identità si inserisce Marine Le Pen proponendo e costruendo una “rinnovata” coscienza nazional nazionalista. Lo stesso mi par vero per l’Ukip, e più in generale per molti movimenti della stessa natura e connotazione politica. A questo punto altra soluzione non c’è, mi pare, se non costruire un patto europeo basato su eguaglianza e equità, un patto di convivenza civile che ci faccia tutti cittadini, anzi con/cittadini, della stessa entità: l’Europa Unita.
E magari anche un patto di equità tra esseri umani e natura, per far fronte al cumulo di problemi ambientali cominciando col maggiore, il cambiamento climatico e/o effetto serra che dir si voglia. Ovvero bisogna scrivere la Costituzione Europea, cominciando oggi senza rimandarla a tempi migliori, perchè altrimenti i tempi saranno sempre peggiori, mentre ogni azione politica deve proporsi e intendersi come costituente. In questo senso, se devo dire, l’iniziativa che più mi è parsa carica di significato durante la campagna elettorale è stata la commemorazione, fatta da L’Altra Europa con Tsipras, a Ventotene del lavoro europeo di Altiero Spinelli e Enrico Rossi quando scrissero il famoso Manifesto.