di Alberto Asor Rosa, Gaetano Azzariti, Franco Argada, Fulvia Bandoli, Claudio Bazzocchi, Gerardo Bianco, Francesco Bilancia, Maria Luisa Boccia, Mauro Bulgarelli, Alessandro Cardulli, Sergio Caserta, Paolo Ciofi, Nicola D’Angelo, Claudio De Fiores, Piero Di Siena, Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Giovanni Fresu, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, AlbertoLeiss, Valentino Parlato, Bianca Pomeranzi, Tiziano Rinaldini, Mario Sai, Cesare Salvi, Sacha Tolomeo, Aldo Tortorella, Raniero La Valle, Massimo Villone e Vincenzo Vita
I firmatari di questo documento chiedono al Senato, alla Camera dei deputati e al Governo di modificare in modo sostanziale il disegno di legge costituzionale che altera il ruolo del Senato e delle Regioni e insieme di cambiare la legge elettorale maggioritaria approvata dalla Camera dei Deputati, che è ancor meno accettabile a fronte della proposta di ridurre drasticamente il ruolo del Senato.
I firmatari ritengono un errore affrontare la riforma di parti essenziali della Costituzione con la logica del prendere o lasciare e senza un aperto confronto. Le riforme sono necessarie, ma debbono garantire un adeguato equilibrio istituzionale e una reale rappresentanza politica.
I firmatari sono convinti della necessità di superare il bicameralismo paritario ma sono altresì convinti che sono in campo proposte migliori di quelle presentate dal Governo sia per il Senato sia per la legge elettorale e tali da ridurre perfino di più il numero dei parlamentari. Proposte che dovrebbero essere attentamente prese in attenta considerazione e possono meglio realizzare la riduzione dei parlamentari in altro modo.
Il Senato è un punto essenziale dell’equilibrio istituzionale previsto dalla Costituzione. Non a caso il Senato ha il compito nelle prossime settimane di modificare la legge elettorale fatta approvare in precedenza alla Camera.
Superare la parità totale dei compiti delle camere non comporta affatto la conseguenza di cancellare l’elettività dei senatori, che è garanzia della loro reale autonomia. La Camera può essere la sola deputata a dare e togliere la fiducia al governo senza che il Senato venga ridotto ad una sorta di camera di serie B, destinata a lavorare nel tempo libero di sindaci ed esponenti delle regioni e alla quale non vengono riservate le necessarie funzioni fondamentali nell’assetto istituzionale, a garanzia dell’equilibrio democratico.
La stessa Camera dei Deputati, che resterebbe l’unica con il potere di dare la fiducia al governo e di revocarla, non può avere dei deputati che non siano effettivamente scelti dai cittadini, con i collegi uninominali o con le preferenze, con soglie di sbarramento ragionevoli mentre quelle previste dall’ attuale sono irragionevolmente alte ed erratiche, per di più è previsto un premio di maggioranza eccessivo, che scatterebbe con una percentuale di voti troppo bassa per lo schieramento prevalente.
Il premio di maggioranza è discutibile in sé e non è affatto il modo migliore per garantire la governabilità. Altre scelte sono infatti possibili. La lettura coordinata delle modifiche costituzionali e della legge elettorale proposte dal governo delinea un sistema istituzionale con insufficienti garanzie democratiche di equilibrio tra i poteri legislativo, di governo, giudiziario.
L’autonomia reciproca dei poteri dello stato e l’equilibrio tra loro sono garantiti in tutte le democrazie, sia pure in modi diversi. Occorre aggiungere che la riduzione del ruolo delle regioni in alcune materie fa emergere una pesante divaricazione dall’esito dei referendum del 2011. In quell’occasione il ruolo delle regioni fu importante per contrastare le decisioni del governo dell’epoca, che voleva imporre la sua volontà ad ogni costo, e per affermare le idee che poi hanno trovato conferma di massa nei referendum popolari.
Per queste ed altre ragioni i firmatari chiedono al governo di abbandonare la logica del prendere o lasciare e di aprirsi ad un confronto ampio e ragionevole su modifiche essenziali per il futuro del nostro paese, consentendo al Senato e alla Camera di ascoltare le ragioni che vengono da diversi mondi, tutti ugualmente preoccupati della riduzione degli spazi di democrazia nel nostro paese.