dell’Istituto De Gasperi Bologna
Peccato. “Il primo provvedimento di peso del governo Renzi a entrare in vigore è quello che rende più flessibili i contratti a termine” (Corriere della Sera, 21 marzo 2014). L’illusione è sempre la stessa: “Il lavoro flessibile produce occupazione: è la promessa miracolosa che ha legittimato lo smantellamento delle tutele del lavoro. La realtà è diversa, molto diversa” (Luciano Gallino, Vite Rinviate. Lo scandalo del lavoro precario, Editori Laterza, 2014).
Per poter derogare al principio che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro” (principio che il Decreto conferma, ma che suona quasi una beffa), le assunzioni a termine dovrebbero essere legate ad esigenze di carattere obiettivamente temporaneo. Tuttavia il Decreto consente al datore di lavoro di “potere instaurare sempre rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale” (le soppresse “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” dell’apposizione del termine in contratto). Mentre al datore di lavoro si apre la più ampia discrezionalità di impiego del lavoratore, al lavoratore si rende impraticabile, per mancanza di qualificazione sostanziale del rapporto, l’impugnazione del contratto. Ben otto, poi, le proroghe successive possibili del contratto iniziale, una vera e propria agonia che toglie al lavoratore ogni autonomia.
Il contratto di apprendistato viene colpito nella sua vocazione peculiare, la formazione professionale: con l’eliminazione della forma scritta, il piano formativo individuale diventa virtuale e forse eventuale, dipendente dalla buona volontà del singolo datore di lavoro.
Considerato il trattamento (salari, tutele, ecc.) complessivamente ridotto dell’apprendista rispetto al lavoratore ordinario, è poi deludente il venir meno, ai fini dell’assunzione di nuovi apprendisti, dell’obbligo di stabilizzazione di una percentuale degli apprendisti giunti al termine del proprio percorso formativo.
Le semplificazioni positive in materia di documento di regolarità contributiva (DURC) e le risorse mobilitate per sostenere i contratti di solidarietà non possono nascondere la caduta (ulteriore) della nostra legislazione sul lavoro. Come potrà mai questo Decreto sostenere quel “processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti” del primo Job Act (8.1.2014)?
E poi, in generale: è del tutto vero che le riforme del mercato del lavoro non creano occupazione? No, forse si. No, di sicuro non creano occupazione se sono cattive riforme, forse aiutano se sono buone.
Proponiamo al lettore il testo del Decreto Legge, del quale abbiamo ricostruito il contesto normativo per renderlo più accessibile. Clicca e scarica Decreto legge 20 marzo 2014, n.34.pdf (“Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”).
Questo articolo è stato pubblicato dall’Istituto De Gasperi Bologna il 23 marzo 2014