Al netto di arroganza e opportunismo, #Matteo non ha tutti i torti: se la sinistra è una larva non è colpa sua

24 Gennaio 2014 /

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di Rudi Ghedini
Non mi piace il 35% – non si può andare sotto il 40% – come limite per ottenere il premio di maggioranza: vuol dire che avendo contro due terzi degli italiani (anzi dei votanti), chi vince disporrà di un’ampia maggioranza di deputati; si consegna una maggioranza assoluta a chi avrà il sostegno attivo di un italiano su 5.
Non mi piacciono i listini bloccati – avrei preferito la doppia preferenza, uomo/donna – perché concede ai partiti un potere abnorme nella scelta di chi viene eletto; potere appena scalfito dalle primarie, che farà chi crede e come crede, facendo i conti con il peso specifico degli apparati imposti dai leader. Avrei abrogato il Senato, anziché trasformarlo, perché i Sindaci e i presidenti di Regione hanno altro da fare, anziché stare 2-3 giorni la settimana a Roma.
Infine, non condivido i limiti degli sbarramenti – sarebbe equo il 4% in ogni caso, sia dentro che fuori da una coalizione – perché è antidemocratico escludere dal Parlamento chi ottiene un milione e mezzo di voti. Detto questo, la proposta renzian-berlusconiana, è un oggettivo passo avanti rispetto al Porcellum e persino al Mattarellum, costringe le forze politiche a dichiarare prima cosa faranno dopo, e garantisce che dopo il primo o il secondo turno si sappia chi dispone della maggioranza degli eletti.
Qui Renzi spiega come si è arrivati a questo risultato. Ovviamente, addebita a Berlusconi i peggiori difetti, ma lo si può perdonare per questo: da grande venditore, vorrebbe farci credere che il Pd è nato l’8 dicembre 2013, chi prima di lui stava al suo posto ha sempre fatto lo stesso.

Ha voluto stravincere, parlando di “profonda sintonia” con Berlusconi, e manifestando “gratitudine” perché ha accettato di discutere. Ma l’asprezza, anzi la sgradevolezza della polemica con Cuperlo non può cancellare due fatti: anche il Pd (e prima i Ds) ha approfittato delle liste bloccate, scivolando verso una concezione leaderistica che a me fa ribrezzo, ma di cui Renzi è solo l’ultimo epigono; e la critica all’incontro con Berlusconi può avanzarla “il manifesto”, oppure Rodotà (o, in piccolo, il sottoscritto), non chi con Berlusconi ci ha fatto due governi.
Ora sono curioso di vedere se il progetto renzian-berlusconiano andrà in porto. Può fallire per mille motivi, non foss’altro perché si limita al piano virtuale della selezione della classe dirigente, mentre il piano sostanziale – la crisi, la disoccupazione, la miseria, la rabbia, la disperazione – non verrà nemmeno scalfito da questa battaglia sulle regole.
Non essendo del Pd, il mio interesse va alle forze che criticano la gestione “europeista” della crisi, le ricette che strangolano l’economia reale e accentuano le ingiustizie. A sinistra del Pd non vedo niente di solido: Sinistra e Libertà balbetta e valuta opportunistiche “federazioni” col Pd, la Federazione della Sinistra scommette su Tsipras (ma nulla si muove per una Syriza italiana) e intanto sta nel 90% delle giunte con il Pd, l’evoluzione del Movimento 5 stelle sconta inesperienze, ottusità e ambiguità notevoli, la minoranza del Pd è catatonica (e difende il governo Letta).
Molto si può rimproverare a Matteo Renzi, tranne che sia lui il colpevole di queste macerie.

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