Lavoro o rivolta: tra forconi e proteste la ripresa che non si vede

11 Dicembre 2013 /

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di Sergio Caserta
C’era da aspettarselo: quando riferendosi alla Grecia al collasso e percorsa dai sommovimenti della gente disperata, ci dicevano tranquillizzanti che in Italia la situazione era diversa, era lo sguardo degli occhi “foderati di prosciutto” di chi si ostina a edulcorare la realtà per esorcizzare i problemi.
Le piazze infiammate dai “forconi inferociti”, i blocchi stradali, l’aria di rivolta contro tutto e tutti ma che s’indirizza con determinazione contro la classe politica, fanno temere una situazione fuori controllo dagli sbocchi imprevedibili. Il Paese è attraversato da tensioni fortissime, il governo Letta mostra la sua insufficienza strutturale, rispetto a una situazione che si fa ogni giorno più pesante; appare in tutta la sua drammatica evidenza il clamoroso errore politico di aver dato vita alle larghe intese, e poi a quelle ristrette, lasciando a un Berlusconi decaduto ma non disarmato, l’opportunità di un’opposizione spregiudicata con la corrispondenza delle folle in pericoloso movimento, tant’è che ha già provveduto a incontrare i capirovolta.
Grillo fa la sua parte per agitare la situazione ma non è lui il vero pericolo, le masse si dirigeranno naturalmente a destra se non c’è una svolta politica molto chiara e netta. Ci vogliono risposte urgenti e risolute sul piano economico e sociale, andava già fatto e si è perso un tempo irragionevole.

La crisi è lunga e la ripresa, se mai ci sarà, non darà occupazione, occorre un piano per ridare fiducia ai senza lavoro e alle famiglie con un reddito insufficiente per la sopravvivenza. Un provvedimento di salario minimo di cittadinanza, certo a chi ne ha bisogno, certo non assistenziale, istruito e gestito evitando con nettezza ed efficacia che i furbi ne approfittino.
Un piano come fu la legge di preavviamento al lavoro, la 285 del 1977 che in un’altra situazione di crisi, meno drammatica ma non meno estesa, rimise in movimento l’economia con una spesa non irragionevole, all’incirca mille miliardi delle vecchie lire all’anno, creando centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’impresa privata, nel pubblico e la nascita di centinaia di cooperative giovanili.
Sono altre ovviamente le scelte strutturali che possono in un medio termine, rimettere in sesto l’economia, esse dipendono dalla ripresa di capacità di governo che non è per ora alle viste ma se non si comincia a intervenire con provvedimenti immediati, socialmente utili, potrebbe essere davvero troppo tardi.

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