di Annamaria Rivera
Poco dignitosa: è il minimo che si possa dire della telefonata di Nichi Vendola a un sinistro figuro quale Girolamo Archinà. Qualunque ne fossero il contesto e lo scopo, il testo rivela una sorprendente caduta di stile per una persona che aveva costruito la propria figura pubblica sul modello del politico colto, gentile, coraggioso, innovatore, e tendente all’eloquio ricercato, perfino manierato.
In quella telefonata egli è semplicemente volgare. È uno che, per captatio benevolentiae (l’ammissione è sua), si presenta al soprastante, coppola in mano – per usare una metafora – onde rassicurarlo che da lui non deve temere niente. E per abbassarsi ancor di più accentua l’inflessione dialettale e sceglie un registro plebeo.
Lo adula ostentando, con quella risata artefatta, compiacimento per “lo scatto felino” con cui il soprastante – otto mesi prima! – ha strappato il microfono al cronista con la “faccia di provocatore”, uno che appartiene a “gente senz’arte né parte”. “State tranquillo”, soggiunge Vendola, “i vostri alleati principali in questo momento sono quelli della Fiom”. E sollecita il soprastante affinché riferisca al padrone “che il presidente non si è defilato”.
Questo è il testo, al di là del contesto, ripeto; al di là delle ragioni e dell’uso strumentali da parte di questo o di quell’organo di stampa. Il testo ci dice, fra l’altro, che Vendola si congratula per il reato compiuto ai danni di un giornalista. E neppure replica alla larvata minaccia in stile mafioso – altro possibile reato – pronunciata da Archinà quando allude alla “scivolata del nostro stimato amico direttore”: Giorgio Assennato, si presume, ovvero il fin’allora non compiacente direttore dell’Arpa-Puglia, che aveva da poco firmato una relazione sulla necessità di ridurre la produzione dell’Ilva per arginare le emissioni inquinanti.
Da persona che conosce Vendola da lunga pezza e ne ha condiviso un tratto del percorso politico, da sua ex estimatrice, da tarantina che ha visto persone care ammalarsi e morire d’inquinamento, trovo quella telefonata disonorevole per lui, dannosa per la sinistra e il sindacato, offensiva – qualunque ne fosse lo scopo – per la popolazione di Taranto e per le tante vittime dell’Ilva. Un contributo non da poco al qualunquismo del “sono tutti uguali”, all’avanzata del grillismo, alla rivincita della destra.
Questo articolo è stato pubblicato su Micromega Online il 17 novembre 2013