Ferrara, giornalisti antirazzisti crescono

20 Settembre 2013 /

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CLANdestino - Foto di Redattori si diventa
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di Francesca De Luca
La locandina del Resto del Carlino, qualche settimana fa, titolava: “Clonava bancomat. Inseguito e preso da due rumeni onesti”. Titoli simili appaiono normali in un’Italia annegata nei pregiudizi, in un paese nel quale il razzismo è divenuto così endemico da non stupire più. Accade a Ferrara, nel silenzio quasi generale. A denunciarlo sono ragazzi già adulti a dimostrazione che ci sono alternative alla rassegnazione.
Ragazzi-modello nel ruolo di insegnanti. Sono i giovani di Occhio ai media, un gruppo di lavoro nato tre anni fa da un’idea dell’associazione Cittadini del mondo. Hanno dai 14 ai 28 anni. Rania, Marco, Elena Sofia, Taha Idriss, Siham, sono solo alcuni, sovente nati in Italia, hanno genitori di origini marocchine, tunisine, pakistane, albanesi, romene, italiane. Hanno creato un vero e proprio osservatorio sulle modalità di diffusione delle informazioni. Dimostrando, dati alla mano, come negli ultimi anni si sia intensificato il ricorso ad epiteti razzisti, offensivi e lesivi della dignità della persona.
E l’impegno di questi giovani consiste nell’analizzare le modalità con cui vengono raccontate le notizie. La domanda che si ripete è: quanto un certo lessico influisce sulla costruzione dell’opinione pubblica? Perché tanta insistenza, nei fatti di cronaca nera, nell’evidenziare la nazionalità del presunto autore di un reato quando non è italiano. Titoli che oltrepassano il grottesco, come quello citato all’inizio, appaiono normali in un’Italia annegata nei pregiudizi. Il compito che questi ragazzi si sono prefissi è ricordarci che, invece, questo atteggiamento racconta di un paese abituato a comportamenti scorretti ormai consuetudinari che non possono, e non devono, essere accettati.

Occhio ai media cerca anche di dare risposte mediante interviste a giornalisti “di frontiera”, a corrispondenti stranieri e monitorando le testate nazionali e locali. Danno del “tu”, si confrontano tra “pari” anche con giornalisti che da anni si occupano di queste tematiche, come hanno fatto venerdì scorso con Stefano Galieni di Corriere Immigrazione. Per parlarne, l’associazione Di tutti i Colori ha organizzato un dibattito dal titolo provocatorio: Immigrazione? Adesso Basta. La stampa crea pregiudizi?, invitando numerosi giornalisti locali.
«Io sono sicura che molte persone, leggendo questi titoli ogni giorno non hanno mai pensato a quanto contribuiscano a generare razzismo e al perpetrare di stereotipi negativi». Sottolinea Rania, 15 anni lunghi capelli neri, presentando una serie di articoli e titoli definibili come esempi di “pessimo giornalismo”. «Qualcuno si chiede che senso abbia sottolineare la nazionalità di chi compie un reato? Molti non ci fanno neppure più caso, ci siamo abituati. Ma questa prassi non aggiunge nulla alla notizia, aiuta solo a rafforzare stereotipi. Leggendo certi articoli ci siamo anche accorti che chi li scrive spesso non conosce la geografia e considera come un tutt’uno indistinto tutto quello che è fuori dall’Italia, dal Marocco al Pakistan».
«Troppo spesso – continua – abbiamo verificato sulla nostra pelle quanto le notizie raccontate dai giornali non fossero assolutamente specchio del reale». Lo hanno appurato anche durante la loro permanenza in una tendopoli, dopo il sisma che colpì l’Emilia nella primavera del 2012. «In quell’occasione ci capitava di leggere i giornali e pensare “non è affatto così che stanno le cose”».
Figli di internet, dell’informazione a portata di click, si muovono con destrezza tra slide e siti. Agli articoli delle testate cartacee, rispondono spostando il confronto su un altro livello. Hanno già pubblicato un libro Nella mia tendopoli nessuno è straniero, ma danno il massimo sulla loro pagina facebook, nei video che realizzano e lanciano su youtube, in cui spiazzano con intelligenza, stile, ironia.
Idriss, 19 anni, descrive un’Italia incapace di cogliere l’occasione che gli immigrati, e le seconde generazioni, stanno offrendo. «Conosco il mondo marocchino, algerino, italiano e le tradizioni di questi tre paesi. Tutto questo è un valore aggiunto che posso e voglio offrire, ma che non viene valorizzato». Intanto lui e gli altri sono stati invitati alla festa di Internazionale che si terrà dal 4 al 6 ottobre, come sempre, a Ferrara.
Una buona prassi da esportare in tutta Italia – sembra prossima la partenza di un secondo gruppo simile a Venezia – e chissà che una modalità di muoversi così agile non trovi presto altre repliche. Una realtà che permette di affermare, esempio alla mano, che si può essere utili alla società a qualunque età; l’essere troppo giovani per poter incidere non è più una giustificazione.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito del Corriere Immigrazione il 15 settembre 2013

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