di Sandro Nanetti
Da Castenaso erano arrivati in tanti per ascoltare Matteo. Per noi lui è uno di casa e non solo perché sua sorella Benedetta abita qui. Il nostro sindaco Stefano Sermenghi è stato il primo a sposare la causa del collega di Firenze. Se è vero che doveva smarcarsi da un apparato locale del partito che non approvava alcune sue scelte amministrative e che per questo gli era divenuto ostile, gli va comunque dato atto di aver fatto una scommessa difficile in tempi non sospetti: dalle nostre parti i più consideravano il sindaco di Firenze alla stregua di un malefico guastatore.
Sorprende invece scoprire come, nel giro di pochi mesi, il clima nel PD sia diverso e sia in atto una beatificazione diffusa di Matteo Renzi. Avevo assistito un anno fa al suo “one man show” all’interno del palazzetto dello sport di Castenaso nell’occasione riempito oltre l’inverosimile e oltre ogni più ottimistica previsione. Per cercare di capire cosa è cambiato, sono andato ad ascoltarlo di nuovo. E a me la piacevolissima, efficace esposizione del monologante leader ha dato la stessa identica sensazione di “déjà vu” che mi suscitò allora.
Mi sono occupato di risorse umane in una primaria azienda bolognese e ricordo che alcuni anni fa, nell’ambito della formazione pomposamente definita al “saper essere”, affidammo a una delle società più quotate il compito di catechizzare dirigenti e quadri intermedi. L’intervento si basava su una due giorni in cui un abilissimo showman intratteneva diecine di dipendenti segregati in un hotel con una performance mirata a convincerli che solo con il gioco di squadra, lo spirito di servizio, la collaborazione, il sacrificio, l’entusiasmo individuale, la gioia del lavoro ben fatto si poteva ottenere il successo proprio e dell’azienda e, quindi, la felicità.
Lo spettacolo era veramente ben condotto e il pubblico usciva entusiasta e motivato, pronto a riportare nella quotidianità lavorativa gli importanti concetti appresi. L’effetto durava dai due ai tre giorni. Poi tutto ricominciava come prima. Il brillante formatore (che a cena si rivelò persona di una noia mortale) mi spiegò di aver appreso il mestiere a prezzo di un training durissimo, una parte del quale avvenuto in un luogo sperduto del nord Europa, dove i giovani aspiranti formatori venivano rinchiusi e, persino, svegliati di notte all’improvviso per verificarne la resistenza allo stress. Dalle loro fila è uscito Enrico Bertolino che intitolò un suo spettacolo, non a caso, “convenscion”.
Dopo l’esibizione del collega di Firenze, il Sindaco di Castenaso ha scritto: “Matteo Renzi a Bologna questa sera non avrà usato la parola “sinistra” ma ha detto più cose di sinistra di quante ne abbia sentite negli ultimi venti anni”. Io, a distanza di alcuni giorni, dell’osannato discorso del prossimo segretario del PD, ricordo soprattutto:
- i ripetuti richiami alla “passione” e alla “bellezza” come linee principali del suo programma;
- la necessità di recuperare i delusi da Grillo, da Berlusconi e, soprattutto, i delusi dal PD;
- l’invito ai giovani a farla finita con i soliti piagnistei, a rimboccarsi le maniche (ancora!) e ad accogliere con entusiasmo le formidabili ed entusiasmanti sfide che hanno di fronte (per fortuna non li ha definiti “choosy”);
- la colpevolizzazione degli anziani, giacché tutti stiamo pagando il costo delle loro pensioni calcolate col metodo retributivo (la platea, composta per lo più di pensionati che con le loro pensioni retributive sostengono figli e nipoti sottoccupati o disoccupati, ha applaudito entusiasta);
- la critica al fatto che si dica che i soldi per eliminare l’IMU provengono in parte dalla tassazione del gioco d’azzardo mentre in realtà si tratta di un enorme regalo fatto alle lobby responsabili del diffondersi delle ludopatie nel nostro paese (ma questo l’avevo già letto su Il manifesto qualche giorno prima e dirlo qui mi è sembrata soprattutto una stilettata a Letta).
Insomma, come sempre bisogna intendersi su quel che significa “dire una cosa di sinistra”. In compenso, il segretario del PD di Castenaso ha scritto che, pur non essendo d’accordo con lui, a Renzi ” si deve riconoscere la capacità di attirare ampie folle ad ascoltarlo, come ha dimostrato ieri a Bologna”.
Come dire che ormai gli altri candidati alla segreteria nazionale del PD non se li fila più nessuno. Uno del pubblico, anche lui di Castenaso, che sedeva vicino a me ha commentato: “L’altra volta ho votato Bersani ed è andata come andata. Stavolta voterò questo qui e speriamo che vada meglio”.
Il che mi sembra un’ottima sintesi.