di Fosca Ranieri
I rapporti sociali sono cambiati. Siamo perennemente reperibili, costantemente aggiornati dalle notifiche degli amici e non, più contatti, più sociali. Da una parte l’abbattimento dei confini attraverso la multimedialità ha permesso di mantenere relazioni con amici sparsi in tutto il mondo, tuttavia anche di essere delle vetrine. Nella rete tutti sono i protagonisti di se stessi. Tutti condividono.
Ma nonostante questo la rete è capace di tutto, è un cupido di nuovi amori (la mia relazione, in un certo senso è figlia di internet), ti permette di comunicare con sconosciuti, instaurare collaborazioni di lavoro. Se l’economia crolla e di conseguenza anche il denaro, la crisi ha riportato alla ribalta il baratto.
Negli ultimi anni ho infatti notato il desiderio di indipendenza tra la gente, molti si sono messi in discussione inventandosi nuove attività e nuovi lavori. L’unico pregio della crisi è questo: reinventare e reinventarsi. Perché ci sono molte soluzioni per poter partire dal basso e creare qualcosa. O semplicemente slegarsi e diventare artefici del proprio operato, questo certo ha un sacco di rischi, ma del resto non ci sono tante altre alternative perché qualcuno lo farà al posto tuo se tu decidi di non farlo.
Ritornando allo scambio, tra noi giovani si è diffusa la tendenza all’associarsi e io stessa ho sperimentato sulla mia pelle. Unire tante teste non è per niente semplice però dopo essersi annusati, e stabiliti i territori, è davvero la formula più bella che possa esistere. Un proverbio africano dice che per crescere un bambino, ci vuole un intero villaggio.
Però anche se i tempi e le esigenze ci hanno portato ad unirci, spesso non riesco a sentire quella potenza di pensiero che per esempio avevano nel ’68. Ho sempre invidiato quegli anni perché da ragazzina ero convinta che i pensieri, le azioni, la volontà potessero incanalarsi in un solo gruppo. Unico e inscindibile.
Guardavo quelle foto e vedevo negli occhi dei ragazzi una luce diversa dalla nostra. Oggi ci sono ancora tante realtà che lottano per avere i propri spazi, ci hanno tolto le piazze, ci tolgono gli spazi e ci tengono chiusi dentro una scatola. Alle volte ci va bene così, alle volte no. C’è qualcosa in questa generazione che manca, e non mi spiego cosa. Forse più sottomessi alle leggi della natura o troppo impegnati a tentare di distinguerci, perché oggi puoi essere più facilmente re per una notte, e nessuno per tutta la vita.