Per ferragosto vi proponiamo un viaggio all’indietro nel tempo. Nel dicembre 1987 Gerd Albartus, militante delle Cellule rivoluzionarie, parte alla volta di Damasco per incontrare Carlos, e non torna. Solo anni dopo, i suoi compagni verranno a sapere che è stato ucciso da Carlos come “traditore”.
Peter Hillebrand ha ricostruito in modo magistrale questa tragica vicenda per la rete radiofonica Südwestrundfunk, parlando con molti amici di Gerd Albartus, a cominciare da Thomas Kram. La trascrizione completa prende ben 20 pagine, impossibile qui tradurla tutta. Abbiamo però documentato interamente gli interventi di Thomas Kram, e buona parte dei testi di raccordo e ricostruzione storica di Hillebrand. I tagli sono tutti segnalati.
Il feature di Hillebrand non nomina affatto Bologna, né potrebbe essere diversamente, perché le Cellule rivoluzionarie con quella bomba alla stazione non ebbero nulla a che fare. Ma smonta indirettamente una delle false premesse della pista tedesco-palestinese: e cioè che Thomas Kram fosse uno “strumento” del gruppo Weinrich-Carlos.
Al contrario: nel febbraio 1982 Thomas Kram rifiutò di collaborare a una campagna di attentati in Francia per liberare Magdalena Kopp. Così Kram ricostruisce la rottura, nella trasmissione di Hillebrand: “In quel momento sono state poste richieste alla Cellule rivoluzionarie. Io le respinsi. Appena fu chiaro che mi ero pronunciato contro una partecipazione in qualunque forma a attività attorno a Magdalena Kopp, come Cellule rivoluzionarie e non solo a titolo individuale, da quel momento, in buona sostanza, agli occhi del Gruppo dei rivoluzionari internazionali ero diventato un sabotatore”.
Si obietterà che questa rottura avvenne un anno e mezzo dopo la strage di Bologna, e che qualcuno nelle Cellule rivoluzionarie, come Gerd Albartus, continuò a collaborare con Carlos-Weinrich, all’insaputa di Kram. Ma i motivi profondi del conflitto risalgono all’indietro nel tempo. A chi volesse saperne di più, raccomando il feature di Hillebrand: si legge come un thriller.
(Guido Ambrosino)
Un estratto dal feature radiofonico:
Volo pagato verso la morte
Sulle tracce di Gerd Albartus (1)
di Peter Hillebrand
trasmesso il 14 settembre 2011
Nel dicembre 1991 il quotidiano die tageszeitung pubblicò una dichiarazione delle Cellule rivoluzionarie (Rz):
Da un documento delle Rz: “Gerd Albartus è morto. È stato ucciso già nel 1987, dopo essere stato processato e condannato a morte da un gruppo che si considera vicino alla resistenza palestinese, gruppo per cui Albartus aveva lavorato. Lo abbiamo appreso solo molto tempo dopo”. (2)
Voce Kram: “Col senno di poi, dobbiamo considerare autocriticamente quel necrologio, perché quando apparve, nel 1991, non ce la sentimmo di fare il nome di quel gruppo. Abbiamo parlato di ‘un gruppo che si considera vicino alla resistenza palestinese’, e non di un gruppo Carlos-Weinrich”.
Thomas Kram aveva partecipato alla redazione di quel testo.
Da un documento delle Rz: “Il senso della pubblicazione è quanto mai semplice: vogliamo impedire che un compagno, importante per noi, sparisca senza lasciar traccia. Non vogliamo che qualcuno pensi di poter uccidere uno di noi senza vedersi confrontato con la nostra protesta, anche se ci mancano i mezzi per fargliela pagare”. (3)
(…) Le attività politiche di Gerd Albartus erano prevalentemente illegali. La maggior parte degli ex compagni non è perciò disposta a parlare davanti a un microfono. (…)
Voce Kram: “La cosa più importante per capire la situazione all’inizio degli anni ’70, è che la rivolta giovanile, da cui venivamo, si stava spegnendo, sebbene su scala mondiale ci fosse ancora una tendenza alla rivoluzione: il Cile, il Portogallo e l’Angola, i Tupamaros in America latina. Quei fatti ci riguardavano. Da lì la spinta a riallacciarsi a questa tendenza e a dire: non gettiamo la spugna, continuiamo, e cerchiamo di prolungare la rivolta”.
Nel 1970 Gerd Albartus, ventenne, si era traferito a Berlino da Papenburg, un piccolo centro in Ostfriesland (quasi al confine con l’Olanda; n.d.r.), dove suo padre era poliziotto. Si iscrisse alla facoltà di pedagogia. Lì Thomas Kram lo conobbe. Entrambi scrivevano per la rivista “Educazione e lotta di classe”, pubblicata dalla casa editrice Roter Stern (Stella rossa) di Francoforte. In quella casa editrice si allacciarono i rapporti personali che portarono alla fondazione delle prime cellule rivoluzionarie: con Johannes Weinrich, Magdalena Kopp, Wilfried Böse e Brigitte Kuhlmann (Weinrich era redattore e direttore amministrativo della casa editrice, Böse si occupava della distribuzione dei libri. Anche Kopp, con una formazione professionale da fotografa, vi collaborava. Brigitte Kuhlmann scriveva da Hannover per la rivista “Educazione e lotta di classe”. Wilfried Böse e Brigitte Kuhlmann parteciparono nel 1976 al commando del Fplp che dirottò su Entebbe, in Uganda, un aereo dell’Air France partito da Tel Aviv. Entrambi furono uccisi da una truppa speciale israeliana, insieme agli altri due dirottatori palestinesi; n.d.r).
Il primo attentato dinamitardo colpì nel novembre 1973 la filiale tedesca della ITT, una multinazionale Usa che aveva appoggiato il golpe militare contro Allende. Seguirono, solo fino al 1976, altri 20 attentati, che fecero solo danni materiali. Tra gli obiettivi un ufficio della società aerea israeliana El-Al, schedari di aziende di trasporto pubblico con i nomi di persone da denunciare perché trovate senza biglietto, un circolo ufficiali dell’esercito Usa, l’edificio della corte costituzionale a Karlsruhe dopo una sentenza contro il diritto all’aborto, uffici della polizia che si occupavano di controllo e espulsione degli stranieri.
Thomas Kram si trasferì nel 1973 nella Ruhr e prese a lavorare a Bochum in una libreria di sinistra fondata da Johannes Weinrich. Il quale capì presto che Kram non voleva solo vendere libri. Poco dopo arrivò a Bochum anche Gerd Albartus. Presto constatarono una comunanza nelle loro idee di politica rivoluzionaria.
Voce Kram: “In un contesto di gruppo potevi formulare idee, o ti sono state fatte proposte. Allora potevi decidere se partecipare a qualcosa, oppure no. E quanto più ti impegnavi personalmente, tanto più venivi inserito”.
La polizia non sapeva chi ci fosse dietro le Cellule rivoluzionarie. I suoi aderenti conducevano una vita normale, studiavano o lavoravano, circostanza che consentì di definirli “terroristi del dopolavoro”. Mentre la Raf lasciò dietro di sé una traccia di sangue fin dalla sua prima azione, la liberazione di Andreas Baader dal carcere, le Rz promettevano di non mettere in pericolo vite umane con i loro attentati, e trovarono così sostegno tra militanti di sinistra che consideravano troppo brutali le azioni della Raf, e la sua struttura troppo gerarchica.
Voce Kram: “Per quanto ne so, Forse Gerd non fece parte del gruppo che fondò le Rz, ma vi aderì sicuramente prima di me. E dalla durata della partecipazione dipendeva in buona misura quanto ciascuno potesse sapere del gruppo”.
“La politica delle Rz si orientava principalmente sui conflitti sociali nella Bundesrepublik. I primi attentati avvennero nel territorio nazionale in un ordine di grandezza al di sotto della violenza contro le persone. Si trattò di attentati incendiari, attentati con esplosivi. Contemporaneamente ci furono anche azioni come la distribuzione di biglietti contraffatti dell’azienda dei trasporti urbani di Berlino, o piccole rappresaglie contro capiofficina. Ciò veniva apertamente giustificato politicamente nei primi testi delle Rz, ma al di là di questo livello c’era un passo allusivo: ‘Ci sarà un lato della politica delle Rz, che non tutti capiscono, e che si colloca in un quadro internazionale’. Lo si poteva interpretare, almeno a posteriori, dopo quel che accadde a Vienna e a Entebbe, come un riferimento a quelle azioni”.
A Vienna nel dicembre del 1975 un commando del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) aveva assalito la conferenza dell’Opec, uccidendo tre persone e sequestrando molti ministri. Il commando era guidato da un certo Ilich Ramirez Sanchez, chiamato Carlos, che così fondò la sua fama di terrorista su scala internazionale. All’azione partecipò anche un membro delle Cellule rivoluzionarie, Hans-Joachim Klein.
Sei mesi più tardi, di nuovo due membri delle Rz parteciparono a un’azione del Fplp. Dirottarono su Entebbe, in Uganda, un aereo partito da Tel Aviv. Là separarono i passeggeri ebrei dagli altri, e rilasciarono i non ebrei. Con un’azione spettacolare, un commando israeliano liberò gli ostaggi e uccise tutti i sequestratori, tra loro Wilfried Böse e Brigitte Kuhlmann.
Voce Kram: “Al momento prevalse il lutto per i propri compagni, l’orrore per l’esito di quell’azione”.
Presto presero a discutere se e come dovessero reagire alla sconfitta. Se non si reagiva – dicevano – si sarebbe dovuto rinunciare per un lungo periodo all’opzione di esercitare pressioni sugli stati per ottenere la liberazione di prigionieri.
Voce Kram: “In questa tempesta di sentimenti, alcuni delle Rz dicevano che si doveva fare un attentato davvero terroristico, da intendersi come vendetta per il colpo militare subìto a Entebbe”.
Allora anche Kram, come Gerd Albartus, votò per un simile attentato. Ma nemmeno trent’anni dopo Kram vuole dire che obiettivo avesse. Altri ex membri delle Cellule rivoluzionarie, a microfono spento e con la garanzia di non fare nomi, dicono che si trattava di un hotel di lusso a Monaco. Fino a quel momento era un tabù, per i gruppi armati della sinistra tedesca, uccidere deliberatamente civili a caso.
I contrari all’attentato presero l’esplosivo dal deposito e lo nascosero. Ma ciò non aveva ancora nulla a che fare con una critica di principio alla partecipazione di due membri delle Rz alla cattura di ostaggi e alle azioni antisraeliane dell’organizzazione palestinese, il Fplp.
Solo nel necrologio delle Rz per Gerd Albartus, 15 anni dopo, si disse:
Da un documento delle Rz: “La solidarietà con la resistenza dei palestinesi si è rovesciata nella disponibilità a scaricare su passeggeri ebrei, indipendentemente dalla cittadinanza, la responsabilità per il terrorismo e le atrocità del governo israeliano, e così a scambiare criteri socialrivoluzionari con quelli della faida tribale. Il grado di amnesia storica e di disintegrazione morale, che si esprime in questa disponibilità, è la più grave ipoteca che pesa sulla nostra storia”. (4)
La polizia continuava a non sapere nulla sui membri delle Rz. Solo una disattenzione di Gerd Albartus durante il tentativo di rubare un’auto nel dicembre 1976 mise gli inquirenti sulle sue tracce, senza che lui se ne accorgesse. Nel gennaio 1977 apparve nelle sale tedesche il film hollywoodiano Victory at Entebbe (titolo italiano: La lunga notte di Entebbe). Albartus andò a una rappresentazione con una busta di plastica e ne uscì senza. Nel sacchetto c’era un ordigno incendiario, ma l’innesco non funzionò. La polizia aspettò l’arrivo di una rivendicazione delle Rz, e arrestò Albartus. Al processo davanti al tribunale regionale di Düsseldorf, Albartus negò il concreto tentativo d’incendio, ma giustificò azioni contro il film. Si schierò dalla parte del commando palestinese e dei suoi amici uccisi.
Gerd Albartus venne condannato a 4 anni e nove mesi di carcere.
Mentre Albartus era in carcere, nelle Cellule rivoluzionarie si litigò sulle azioni a livello internazionale. Johannes Weinrich e la sua compagna Magdalena Kopp vivevano già in Medio oriente e lavoravano insieme a Carlos e al Fplp. Si chiamavano Rivoluzionari internazionali.
Voce Kram: “Il Gruppo dei rivoluzionari internazionali si proponeva come una specie di truppa di supporto per diversi raggruppamenti nei paesi dell’Europa occidentale, ma anche in America latina e nei paesi arabi, che non faceva proprie operazioni, ma piuttosto metteva a disposizione ‘logistica’, così che gli altri avessero più tempo per occuparsi di temi politici, di discussioni politiche. A maggior ragione si poneva il problema: da quali stati o da quali servizi segreti veniva appoggiato questo gruppo?”.
Thomas Kram voleva restare sul terreno originario delle Cellule rivoluzionarie, per rilanciare con attentati mirati i temi dei movimenti alternativi e di sinistra in Germania. Eppure il conflitto non portò a una totale rottura. Ognuno proseguì per la sua strada, ma si rimase in contatto.
Da Damasco il gruppo Carlos-Weinrich allargò nel 1979 il suo raggio d’azione nei paesi dell’est. Forniti di autentici passaporti diplomatici siriani, Carlos, Weinrich e Kopp viaggiavano anche nella Rdt, che subito accertò la loro vera identità. Si arrivò a un accordo. Se le attività non si fossero rivolte contro la Rdt, avrebbero potuto entrare nella Rdt e incontrarsi con amici provenienti dall’ovest. Le visite dovevano essere preannunciate. Da allora la Stasi osservò il gruppo con tutti i mezzi dei servizi segreti.
Così apprese che il gruppo aveva messo il 21 febbraio 1981 una bomba nella sede di Radio Free Europe a Monaco, su commissione del servizio segreto rumeno. L’esplosione aveva sfigurato una donna distruggendole la mandibola. Anche lettere esplosive contro dissidenti a Parigi e a Colonia facevano parte della commessa. La Stasi annotava: “Accanto alla Romania, Siria e Libia continuano a essere i principali sostenitori del gruppo”.
Otto mesi dopo (nell’ottobre 1981) Gerd Albartus fu scarcerato. Andò provvisoriamente a abitare da Thomas Kram, a Duisburg.
Voce Kram: “Il gruppo da cui proveniva Gerd non esisteva più. Gli anni tra il 1977 e il 1981 sono un periodo in cui non solo le Rz, ma praticamente l’intera sinistra, si organizzò su nuove basi. È il periodo in cui nascono il quotidiano die tageszeitung, i verdi, il movimento femminista, il movimento contro le centrali nucleari. Insomma a tutti i livelli c’è un gran cambiamento dopo il 1977: Questo periodo Gerd lo passa in carcere”.
Dal 1980 Kram aveva mantenuto contatti con gli Internazionali. Solo pochi aderenti alle Cellule rivoluzionarie ne erano informati. Le compagne della Rote Zora (l’organizzazione autonoma, femminista, delle donne nelle Rz; n.d.r.) non ne sapevano nulla. Ma la Stasi registrò che Kram andò più volte a Berlino est e a Budapest per incontrare Weinrich, Carlos e Magdalena Kopp, che nel frattempo era diventata la compagna di Carlos. In uno di questi incontri riferì che Albartus era libero e aveva urgentemente bisogno di denaro.
Voce Kram: “Gerd è un tipo carismatico. Una persona che cattura simpatie e che, per il modo con cui era uscito dal carcere, per come parlava di quell’esperienza, per come avvicinava la gente, godeva di grande fiducia tra le Cellule rivoluzionarie. Insomma, ristabilì molti contatti nelle Rz, senza impegnarsi di nuovo in una qualche precisa struttura organizzativa”.
Sei settimane dopo la sua scarcerazione, Gerd Albartus si trasferì a Düsseldorf in una costosa abitazione di nuova costruzione. Il 7 dicembre 1981 andò con il treno urbano da Berlino ovest alla stazione Friedrichstraße a Berlino est. Per questa via ognuno poteva entrare nel settore orientale della città senza essere controllato dalle autorità dell’ovest. Gli agenti di frontiera della Rdt sbrigarono le pratiche con particolare celerità. Magdalena Kopp lo aveva annunciato alla Stasi. Lei gli consegnò un passaporto tedesco-occidentale intestato a Hans-Jürgen Buchholz. In serata i due volarono a Budapest da Weinrich e Carlos.
Quando Albartus tornò da Budapest il 12 dicembre 1981, all’aeroporto di Berlin-Schönefeld c’era ad attenderlo un agente della Stasi, che gli propose di accompagnarlo in auto al varco di frontiera alla stazione Friedrichstraße. Leggiamo dal suo rapporto:
Da una nota della Stasi: “Dopo qualche esitazione, salì sull’auto. Si aspettava che qualcuno lo contattasse. ‘Kai’, ovvero Albartus, chiese se eravamo a conoscenza di una lista di 13 nominativi sottoposti dal Verfassungsschutz (servizio della Rft per la raccolta di informazioni sull’estremismo politico; n.d.r.) a una particolare osservazione in relazione alla sua persona. Gli è stato detto che su questo non possiamo dare alcuna informazione”.
Thomas Kam ebbe altri incontri con gli Internazionali a Berlino est o a Budapest, come rappresentante delle Cellule rivoluzionarie. Ma non apprese nulla sul nuovo ruolo di Albartus.
Voce Kram: “Credo che abbiano fatto un’offerta a Gerd Albartus: vieni con noi. E che gli abbiano anche assicurato un qualche sostegno ‘logistico’. Ma sono solo supposizioni. Gerd non ha raccontato nulla. Né so con quale frequenza sia poi andato a est per incontrarli. D’altra parte nel frattempo il mio rapporto, o il rapporto delle Rz con questo gruppo, si era talmente deteriorato, che non appresi più nulla”.
Tuttavia Albartus e Kram continuarono a incontrarsi. A tutt’oggi Kram non sa cosa la Stasi abbia appreso sul suo conto tramite il suo amico. (…)
Appena due mesi dopo l’incontro di Albartus con gli Internazionali a Budapest, ci fu a Parigi il 16 febbraio 1982 un arresto carico di conseguenze. Magdalena Kopp, nel quadro di un’azione per estorcere denaro, doveva piazzare a Parigi un’autobomba davanti all’ambasciata di un emirato arabo, insieme a un compagno. Ma quando entrarono in un garage sotterraneo per prendere l’auto ‘preparata’, due guardiani del parcheggio li presero per ladri. Kopp e il suo accompagnatore fuggirono a piedi, ma vennero arrestati poco dopo. Carlos lo venne a sapere a Budapest, e subito si lanciò in un ricatto per ottenere la liberazione dei due.
Voce Kram: “In quel momento sono state poste richieste alla Cellule rivoluzionarie. Io le respinsi. Appena fu chiaro che mi ero pronunciato contro una partecipazione in qualunque forma a attività attorno a Magdalena Kopp, come Cellule rivoluzionarie e non solo a titolo individuale, da quel momento, in buona sostanza, agli occhi del Gruppo dei rivoluzionari internazionali ero diventato un sabotatore”.
All’insaputa di Kram, fu Albartus a organizzare un contatto con altri membri delle Cellule rivoluzionarie, che per i loro legami personali con Magdalena Kopp erano disposti a aiutare Carlos nell’impresa di estorcere la sua liberazione dal carcere francese.
Voce Kram: “La decisione politica, che in realtà avevamo preso, non fu rispettata là dove prevalevano legami e emozioni personali, che in quel momento pesarono di più”.
Carlos minacciò il governo francese – letteralmente – di scatenargli contro “una guerra”, se i due non fossero stati rilasciati entro 30 giorni. Il tribunale, per dimostrare che non si lasciava ricattare, fissò a breve termine il processo per il 22 aprile.
Dopo la scadenza dell’ultimatum, una valigia-bomba detonò in un direttissimo tra Parigi e Tolosa. Cinque morti e 27 feriti. Sei giorni prima dell’apertura del processo, a Beirut un commando uccise un diplomatico francese e la moglie incinta. Tre giorni dopo, bombe esplosero a Vienna davanti all’ufficio di Air France e davanti all’ambasciata francese. Nel giorno del processo esplose un’autobomba nel centro di Parigi: un morto e 68 feriti. Il tribunale pronunciò la sentenza il giorno stesso: quattro anni di carcere per Magdalena Kopp e cinque per il suo compagno.
Ma “la sporca guerra privata”, come lo stesso Weinrich la definì parlandone con la Stasi, non era ancora finita.
Pausa. Seconda parte
Per Albartus, dopo la sua liberazione nel 1981, non era cambiato solo l’ambiente politico attorno a lui. Anche personalmente visse un cambiamento fondamentale. Si riconobbe omosessuale, e ne parlava apertamente.
Voce Müller (pseudonimo per un amico di Albartus, che non vuole comparire col suo vero nome): “A un certo punto mi sono accorto che andava in giro con un signore più anziano di lui, appunto il suo amico Werner, e che Gerd viveva in coppia con lui. C’era una casa a Ibiza, Gerd se ne andava spesso a Ibiza, se ne stava al sole, tornava abbronzato. Era ancora per Gerd un mondo diverso, accanto agli altri in cui si muoveva. Sono rimasti a lungo e stabilmente insieme, credo fino alla morte di Gerd”. (…)
“Gerd era spesso in viaggio. Dove andava, non lo diceva. Ma un po’ alla volta, a forza di frequentarci, venni a sapere di un viaggio in Medio oriente, o che faceva questo o quello. Veniva massicciamente controllato dalla polizia. E se uno cerca di sottrarsi al controllo non stai sempre a chiedergli dove vai? Cosa fai? Chi incontri? Non lo facevo”. (…)
Nel gennaio 1983 Gerd Albartus comiciò a lavorare come giornalista al Westdeutscher Rundfunk (Wdr), la rete radiofonica pubblica del Nordreno-Vestfalia (seguono nella trasmissione diversi stralci da interventi in voce di Gerd Albartus; n.d.r.).
Voce Keimer (redattore al Wdr): “Si sapeva che era stato in carcere, e che veniva da questo ambiente in qualche modo legato al terrorismo di sinistra, e ne abbiamo parlato. E, per come sono andati i nostri colloqui, ne ricavai l’impressione che difendeva il suo passato militante, restava legato a punti di vista di critica sociale di sinistra, ma rifutava la violenza, non avrebbe più messo una bomba da qualche parte o cose del genere (…)”.
Quando nel 1991 la procura federale della Rft cominciò a studiare i fascicoli della Stasi, non si interessò di Albartus, perché sapeva che era già morto da quattro anni. Soltanto per questa nostra ricerca i collaboratori dell’ufficio che veglia sugli archivi della Stasi hanno cercato in un convoluto di 30mila pagine dati che lo riguardavano, registrazioni di viaggi, segnalazioni di protocolli e intercettazioni ambientali. Nell’archivio del Nordreno-Vestfalia sono ancora conservati gli atti della procedura per il controllo della condotta di vita, cui Albartus fu sottoposto fino al 1986. E nell’archivio della radio si trovano ancora i suoi reportage.
Così si può ricostruire di cos’altro si occupava, oltre al lavoro giornalistico come free lance. Dalla documentazione della Stasi si apprende che nel gennaio 1983 tornò a incontrare Weinrich, il quale, in un’agenda fotografata dalla Stasi, aveva annotato sotto il nome di copertura di Albartus: 1400 dollari per gennaio e febbraio. In quel periodo Albartus riscuoteva circa 70 euro alla settimana come sussidio di disoccupazione.
La Stasi notò, dopo il suo incontro con Weinrich, che uffici francesi venivano osservati a Berlino ovest. Riclassificò Albartus da “contatto” a “membro” del gruppo Carlos-Weinrich. (…)
Nel maggio 1983 la Stasi concluse, sulla base degli appunti di Weinrich, che il gruppo avesse scelto la Maison de France a Berlino ovest per un “attentato terroristico”. Nell’edificio si trovavano un cinema, l’istituto di cultura e il consolato francese. Fino ad agosto Albartus incontrò Weinrich altre cinque volte. (…)
Il 25 agosto 1983 nella Maison de France scoppiò una bomba di 25 chili. Il piano più alto fu distrutto. Un giovane, che voleva consegnare al consolato una petizione contro le esplosioni atomiche sperimentali nel Pacifico, fu ucciso dal crollo del tetto, molte persone riportarono gravi ferite. Carlos rivendicò l’attentato.
Weinrich aveva portato la valigia con l’esplosivo da Damasco a Berlino est, e l’aveva consegnata a due collaboratori palestinesi. Furono loro a portarla a ovest e a deporla, orientandosi con una pianta dell’edificio. Subito dopo tornarono a Berlino est.
Il 31 dicembre 1983 alla stazione di Marsiglia una valigia-bomba uccise due persone, e una seconda bomba tre passeggeri sul direttissimo Marsiglia-Parigi. (…)
Nel maggio 1985 Magdalena Kopp venne scarcerata anticipatamente e espulsa verso la Germania. Albartus andò a trovarla, e disse che avrebbe dovuto accompagnarla da Carlos a Damasco. Il viaggio si svolse passando per l’aeroporto di Berlino est. Sulla tappa a Berlino ovest, Kopp scrisse nel suo libro Gli anni del terrore – La mia vita al fianco di Carlos, apparso nel 2007:
Dal libro di Kopp: “Non avevamo molto tempo. Bastò appena per prendere un caffè, con vista sul Centro culturale francese ricostruito. Gerd mi raccontò del giovane uomo morto nelle macerie. Gerd non mi nascose che aveva partecipato alla preparazione dell’attentato. Era un grosso peso per lui, aver contribuito alla morte di quell’uomo”. (5)
Qualche mese dopo, tutti i paesi del blocco orientale vietarono l’ingresso al gruppo Carlos-Weinrich. Da allora la Stasi non poté più osservarlo direttamente. In seguito nemmeno Albartus tornò a Berlino est. Di conseguenza per questo periodo c’è poco su di lui negli archivi della Stasi. Anche a ovest le indagini della polizia e del Verfassungsschutz non portarono a risultati concreti sulle sue attività illegali. Dal 1986 Albartus lavorò molto per la radio. (…)
Una foto mostra Gerd Albartus accanto alla deputata verde Antje Vollmer. E´stata scattata nel novembre 1987 in occasione di un dibattito sul tema: “Amnistia per i detenuti politici”(…). Nel pubblico Gerd Albartus, che interviene:
Voce Albartus: “Sono Gerd Albartus e sono stato in carcere cinque anni per le Cellule rivoluzionarie. Lo dico perché si trova sempre qualcuno che obietta: quello non sa nemmeno di cosa sta parlando, quando parla di carcere (…). Oggi non ci sono più ‘bracci morti’ (con ambienti insonorizzati, privi di luce naturale; n.d.r). Ma ci sono ancora reparti a alta sicurezza, con condizioni di detenzione davvero infernali”.
Retrospettivamente Albartus parla dei primi scontri di piazza, in cui i dimostranti avevano sempre la peggio contro la polizia.
Voce Albartus: “Allora abbiamo cominciato a difenderci. E a un certo punto ci siamo detti: non ci limitiamo a difenderci, ma lottiamo anche in modo offensivo, cominciamo noi a praticare violenza per scardinare strutture oppressive. Peter-Paul Zahl ha detto: ‘È un miracolo se, di fronte a queste strutture che ci fanno a pezzi giorno per giorno, non siamo più sanguinari’. Vale a dire, è merito nostro se siamo ancora relativamente ragionevoli”.
Questo fu il suo ultimo intervento pubblico. Quando, dopo la scomparsa di Albartus, la polizia cominciò a indagare, sequestrò anche il nastro della sua macchina da scrivere. La procura di Düsseldorf, da noi interpellata, ha confermato di aver ricostruito dal nastro il testo di una lettera, conosciuto finora solo dalla procura e dall’ignoto destinatario, ammesso che l’abbia effettivamente ricevuta. Per la prima volta la procura rende pubblici interi passaggi:
Dall’ultima lettera di Albartus: “Al dibattito non sono riuscito a tenere la bocca chiusa, e di nuovo ho parlato per ore con la gente in sala (…). La smetterò con questo specie di propaganda, ma mi ci vorrà tempo per imparare, perché far pubblicità è stato sempre il mio lavoro, anche per l’opportunità di poterlo fare senza cavarne troppi fastidi (essendo già stato condannato per la sua militanza nelle Cellule rivoluzionarie, dopo la scarcerazione Albartus non doveva più far misteri su questa parte della sua vita; n.d.r.). Comunque questo lavoro finirà. Smetterla fa parte del mio staccarmi da loro”.
La lettera è disseminata di allusioni poco comprensibili, ed è in parte contradditoria. Ma è chiaro che “il mio staccarmi da quelli” può riferirsi solo alla progettata separazione dal gruppo Carlos-Weinrich (non sembra così chiaro: a stare solo al testo, potrebbe trattarsi anche di una separazione dalle Cellule rivoluzionarie, a cui si era riferito in forma più o meno aperta il “lavoro di propaganda” di Albartus. Potrebbe perfino trattarsi di una separazione dalla cerchia radicaldemocratica attorno alla deputata verde Antje Völlmer, e dal dibattito per dare una soluzione politico-giudiziaria al lascito carcerario degli anni di piombo; n.d.r.). (…)
La retata su scala federale contro il gruppo militante Rote Zora scattò il 18 dicembre 1987. In quel periodo ci si aspettava il ritorno di Albartus. Quando non tornò, i suoi amici pensarono che avesse preferito aspettare all’estero che le acque si calmassero. Il suo amico Werner K., morto nel 2001, era convinto che gli fosse accaduto qualcosa, e voleva avvertire la polizia. (…)
I genitori di Albartus incaricarono il loro avvocato di indagare. Nemmeno lui cavò fuori molto più di quello che Werner K. già sapeva. Dopo quattro mesi senza alcuna notizia, i genitori disdirono la costosa abitazione. Aspettarono ancora fino al gennaio 1989, prima di darlo per disperso. La polizia aprì un’indagine, trovò il nastro dattilografico, interrogò amici e colleghi. A nessuno disse che sapeva già chi fosse la persona che Albartus voleva incontrare a Damasco:
Dall’ultima lettera di Albartus: “Sabato prossimo prendo commiato, per il momento a tempo indeterminato. Sono da Johnny, col volo pagato”.
Johnny era il nome di copertura di Carlos all’epoca dell’assalto alla conferenza dell’Opec a Vienna.
Dall’ultima lettera di Albartus: “Sono da Johnny, col volo pagato, data aperta per il volo di ritorno. Se tu adesso non rimedi di meglio, torno tra qualche giorno, altrimenti non so. Ma scrivimi comunque, perché se torno la settimana prossima, voglio trovare una tua lettera”.
Agli amici al corrente delle sue attività illegali fu presto chiaro, dopo la sua sparizione, che doveva essere successo qualcosa, perché non mandava notizie.
Molto più tardi, nel 1989, e attraverso più passaggi come in un gioco a passaparola, Thomas Kram apprese che il gruppo Carlos-Weinrich aveva ucciso Gerd Albartus e venne a sapere delle accuse contro di lui.
Voce Kram: “Malversazione di denaro, superficialità nelle ricerche a spese della sicurezza dei compagni, dubbi sulla sua lealtà perché avrebbe avuto contatti con un qualche generale omosessuale, imprecisati contatti nell’ambiente omosessuale che sarebbero arrivati fino alla Bundeswehr. A ciò si aggiunse più tardi anche l’accusa di aver mantenuto in qualche modo contatti con la Stasi, nonostante il gruppo Carlos fosse già stato espulso dalla Rdt. Questo si seppe dopo, come uno dei motivi che, credo, Magdalena Kopp cita nel suo libro”.
“Mi fu anche detto che doveva esserci un video. Credo anzi che già nel messaggio che ricevetti si diceva che potevo guardarmi il video, che ero invitato a andar lì per vederlo. Non l’ho fatto”.
Ricostruire oggi all’indietro i singoli passaggi, per capire da chi venne inizialmente la notizia, è impossibile. Nessuno fa nomi.
Voci di Albartus e Reemtsma (da un’intervista per il Wdr a Jan Philipp Reemtsma, su un libro da lui curato sulla tortura durante la dittatura militare in Argentina; n.d.r.): “Chi veniva torturato”? “Chiunque non fosse nell’apparato militar di potere, era una potenziale vittima. Occorreva una gigantesca infrastruttura per far poi davvero sparire i morti. Si passò a bruciarli, come spazzatura nelle discariche insieme a copertoni d’auto, per mascherare sia l’odore che i resti”.
Passarono altri due anni, prima che le Rz pubblicassero il necrologio per Gerd Albartus nel dicembre 1991. La procura di Düsseldorf, che aveva già aperto una ricerca di persona scomparsa, ne fece un procedimento di accertamento sulle circostanze della morte. Seguì ogni indizio, cercò il video, di cui anch’essa aveva avuto notizia. Ma mancavano appigli concreti. Solo gli arresti di Carlos nel 1994 in Sudan e di Weinrich nel 1995 in Jemen fecero scattare la disponibilità di Magdalena Kopp – che viveva indisturbata presso la famiglia di Carlos in Venezuela – a tornare in Germania. Le fu promessa l’impunità in cambio della disponibilità a deporre.
Sin dall’inizio la procura voleva anche sapere come era morto Albartus. Magdalena Kopp rese nel corso degli anni dichiarazioni discordanti su questo punto. Nel primo interrogatorio disse:
Da una deposizione di Kopp: “Sentii dire che Kai doveva essere interrogato dal gruppo per un sospetto di tradimento. A questo scopo gli fu detto di venire in Medio oriente dalla Germania”.
Al giornalista Oliver Schröm disse più tardi che lei aveva invitato Albartus su richiesta di Carlos. Nel suo libro di questo invito non si parla più. Se lei avesse invitato Albartus sapendo del sospetto di tradimento, un pubblico ministero potrebbe vedervi un concorso in omicidio.
Anche sulle circostanze della morte ha fornito versioni diverse. Al procuratore disse tra le lacrime che Carlos, Weinrich e Ali avevano messo Albartus davanti a un tribunale interno, e alla fine Carlos gli aveva sparato alla testa. Nel suo libro lascia partire Weinrich poco prima dell’omicidio:
Dal libro di Kopp: “Carlos e Ali partirono con Gerd per il Libano. Quando il giorno dopo Carlos e Ali tornarono, Gerd non c’era. Né Carlos né Ali spesero una parola per spiegare cosa era successo. Tutto quel che so sullo svolgersi dei fatti l’ho appreso successivamente da un testimone oculare. Gli uomini avevano interrogato Gerd con metodi brutali, e gli avevano sparato nel ginocchio. Misero il cadavere di Gerd in una fossa e gli diedero fuoco, così che non lo si potesse ritrovare. Fui presa da un’incredibile rabbia, e mi rimproverai di non aver capito che avrei dovuto mettere in guardia Gerd”. (6)
Magdalena Kopp non è disponibile per un colloquio. Dice di essere legata con un contratto di esclusiva a un progetto cinematografico. Il regista israeliano Nadav Shirman sta girando un documentario sulla sua vita.
Johannes Weinrich è in carcere a Berlino. A una nostra richiesta non risponde. Il tribunale di Berlino nel 2000 l’ha condannato all’ergastolo per l’attentato alla Maison de France. Un secondo procedimento, sulla sua partecipazione tra l’altro agli attentati di Marsiglia, si è concluso con un’assoluzione. Per una condanna non sono bastati i documenti trovati nell’archivio della Stasi, documenti in cui compare anche Albartus. (…)
Voce Kram: “Anche su Gerd il potere esercitava il suo fascino. Credo che il suo contatto col gruppo Carlos, il suo muoversi in quell’ambiente, significassero per lui anche un pezzetto di potere. Esci fuori dallo stress di un’esistenza semilegale, con cui ti arrabatti nella Bundesrepublik, e tanto per cominciare ti trovi in un ambiente sicuro. Il tutto combinato con uno stile di vita perfino piacevole, che esercita una certa fascinazione e che corrompe, certo. Credo che nessuno sia immunizzato da questo rischio. Gerd si godeva volentieri la vita. È un aspetto che, al di là di tutte le priorità politiche, gioca un ruolo per ognuno di noi. Credo che lo abbia giocato anche per Gerd”.
© SWR2 Feature
(traduzione e note di Guido Ambrosino)
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1) SWR2 Feature: “Freiflug in den Tod. Auf den Spuren von Gerd Albartus”, di Peter Hillebrand, mandato in onda il 14.9.2011. La trascrizione integrale del testo si può scaricare da: http://www.swr.de/swr2/programm/sendungen/feature/-/id=8433974/property=download/nid=659934/1vips1h/swr2-feature-20110914.pdf
2) Gerd Albartus ist tot, pubblicato dalle Revolutionäre Zellen nel dicembre 1991, in Die Früchte des Zorns. Texte und Materialien zur Geschichte der Revolutionären Zellen und der Roten Zora in due volumi, a cura del ID-Archiv im IISG, Archivio dell’Informationsdienst presso l‘Istituto internazionale per la storia sociale, ID-Verlag, Amsterdam 1993 http://www.idverlag.com/BuchTexte/Zorn/Zorn04.html
3) ibidem
4) ibidem
5) Magdalena Kopp, Die Terrorjahre. Mein Leben an der Seite von Carlos (Gli anni del terrore. La mia vita al fianco di Carlos), Deutsche Verlags-Anstalt, München 2007, p. 181
6) Kopp, op.cit., pp. 227 e seg.