delle lavoratrici autoconvocate dei nidi
L’anno educativo 2012-2013 ha segnato la linea di demarcazione tra il consolidato, progettato e verificato, tra la qualità e l’improvvisazione, tra i tempi educativi rispettosi di tutti i soggetti del contesto e l’organizzazione frettolosa determinata dalla riorganizzazione del lavoro e dall’esternalizzazione all’azienda Asp di parte del servizio.
Vogliamo subito sottolineare l’importanza pedagogica dei due servizi dati all’azienda Asp: il sostegno ai bambini con disabilità e l’orario posticipato. Per ciò che riguarda il sostegno èsuccesso che le persone che seguivano i bimbi certificati erano esterne al gruppo educativo e non in condivisione con il progetto educativo del nido e della sezione: si è così ribaltato il principio che l’educatrice di sostegno era in appoggio al gruppo sezione per favorire la gestione e la maggiore integrazione e condivisione dei bimbi e bimbe con disabilità.
In merito all’orario posticipato si è creata una frammentazione della giornata educativa con conseguente confusione di ruoli e competenze tra il personale dell’Ente e dell’Azienda. Tale momento della giornata è affidato ad un’educatrice part time dell’Asp con un numero massimo di 14 bambini e bambine ; c’è quindi una sola persona che si trova a lavorare con tanti bambini e bambine in un momento molto delicato quale è il ricongiungimento ai genitori e con una fascia di età che va da uno a tre anni, quindi anche con bambini piccolissimi e medi, oltre ai bimbi/e più grandi. In molti casi erano presenti anche il bambino o bambina con disabilità.
Comunicare la giornata di tutto il nido senza averla vissuta e potendo al massimo utilizzare tracce scritte, mina alla radice la possibilitàdi quella relazione triangolare famiglia-nido-bambine/i, che rappresenta la base indispensabile per la serenità dei piccoli e dei loro genitori. È evidente dunque che la riorganizzazione del servizio produce, oltre che un abbassamento della qualità, un abbassamento della qualità della vita non solo delle lavoratrici stesse ma delle donne della città costrette a conciliare in modo sempre più affannato i tempi di lavoro con quelli familiari.
Il nuovo modello di rioganizzazione, ad oggi, ha prodotto un abbassamento della cura e del tempo dedicato ad ogni bimbo/a , durante il sonno, il cambio, il pasto, il gioco condiviso e le attività strutturate. In alcune fasce orarie il reale rapporto numerico educatrice/bambina/o supera quello previsto arrivando anche a 1:10 – nelle sezioni dei medi e dei grandi- e a 1:7 in quella dei lattanti.
Gli elementi di innovazione pedagogica ad oggi sono ancora oscuri, qualche tecnico dice che le educatrici resistono al cambiamento, ma dopo un anno di sperimentazione di questa ri-organizzazione pensiamo di poter affermare con cognizione di causa che l’abbassamento degli standard qualitativi dell’offerta educativa è un dato già tangibile.
Proviamo a raccontarvelo costruendo questo report in forma di piccoli racconti o memorie per far sentire la voce di chi questo contesto lo vive e gestisce quotidianamente. Piccoli frammenti di storie di vita quotidiana delle lavoratrici del nidi del comune di Bologna.
Prima memoria – Riorganizzazione
Lavoro in un nido che a causa della “riorganizzazione” si è visto chiudere la sezione “piccoli” in quanto (troppo costosa) non potendo aumentare la capienza….Era una sezione di 10 piccoli. Essendo quindi impossibile aumentare il numero delle culle si è preferito istituire una sezione mista di 8 piccoli (tra i 9 e i 12 mesi) e 6 medi per un totale di 14 bambini/e con un rapporto numerico adulto/bambino/a 2 educatrici più un 1 P.T fisso sul mattino… il pomeriggio quindi rimane una sola educatrice ma non a rapporto numerico, considerato che il rapporto previsto è di 1 adulto e 5 piccoli e 1 adulto e 7 medi.
Seconda memoria – Accoglienza
Lavoro in un nido ubicato in un quartiere con gravi problemi sociali, di emarginazione e delinquenza, per cui l’utenza risente delle condizioni di povertà. Fino allo scorso anno all’interno del servizio era presente un’educatrice in più, per fare fronte in maniera più adeguata al forte disagio riportato dalle famiglie e dai loro bambini: ciò permetteva di svolgere un lavoro incentrato anche sui genitori, sulla loro accoglienza e sulla relazione, oltre che di supporto alla loro genitorialità. Come sempre la disponibilità all’accoglienza e all’ascolto da parte del personale stava alla base del lavoro condiviso e, sicuramente, faticoso, ma che, nel corso degli anni, è riuscito a dare voce ai disagi, ai bisogni e alle aspettative di molte madri, soprattutto straniere, che avevano assoluta necessità di questo contesto. Questo confronto reciproco ha permesso di individuare alcune difficoltà dei bimbi e di affrontarle con strumenti adeguati.
La riorganizzazione e il conseguente taglio del personale ha fatto sparire la persona in appoggio e ha fatto aumentare il numero dei bambini. Mi trovo quotidianamente ad affrontare il lavoro con grande fatica, soprattutto emotiva: il disagio riportato da bambini e famiglie è individuabile, ma non è possibile, con le forze in campo, riuscire ad affrontarlo adeguatamente.
La precarietà che viviamo e l’incertezza per cosa accadrà ai nidi, al nostro lavoro e alla nostra professionalità, ha aggravato l’affaticamento fisico e mentale di ognuna di noi. In sequenza, nel corso di due anni, abbiamo visto il graduale aumento dei nostri carichi di lavoro (aumento del rapporto numerico, aumento del calendario scolastico, la non sostituzione del personale assente o in ferie ), abbiamo perso parte dei nostri diritti (le 39 settimane lavorative, le ferie libere), siamo alla mercè di un’Amministrazione che decide senza preoccuparsi delle ricadute che stanno producendo una inevitabile dequalificazione del servizio.
Terza memoria – Inserimento
Una prima grande difficoltà l’abbiamo sostenuta durante l’inserimento: inserimento di gruppo e non più individuale, che con bambini così piccoli risulta oltremodo complicato. Lo stesso schema di entrata, con orari differenziati anche spalmati sul pomeriggio, era estremamente complesso, ma necessario per permetterci un approccio sufficientemente adeguato col bambino.
I genitori, che negli anni precedenti disponevano dell’attenzione di una educatrice nel momento del primo distacco per aiutarli ad affrontare meglio l’ansia da separazione, quest’anno sono stati abbandonati a se stessi, pur facendo fare loro un’attività autogestita sicuramente riuscita ma non altrettanto efficace.
Quarta Memoria – Tempi di cura
Pensiamo ai tempi educativi: dalle 13 alle 15 c’è una sola educatrice per piccoli e medi (a volte ci viene concessa la persona sul posticipato)con la conseguenza di equiparare i bisogni e le esigenze e i tempi delle diverse fasce di età (es. si sveglia uno/a si svegliano tutti ); è impossibile garantire i ritmi di sonno e veglia, è impossibile garantire i momenti di cura dell’alzata, della merenda. A volte mi viene da pensare che è impossibile garantire persino la sorveglianza e quindi la sicurezza, non solo in ambito fisico ma soprattutto relazionale. Ognuno/a ha i suoi tempi, i suoi ritmi e noi vogliamo continuare a rispettarli , l’educazione ha bisogno di ritmo!!!!
Quinta Memoria – Pasto
Ognuna di noi a tavola, nella sezione lattanti, ha avuto cinque bimbi , alcuni dei quali non riuscivano neppure a stare seduti, a cui dare da mangiare: sono davvero tantissimi. Urla e pianti ci hanno accompagnato per un lungo periodo. Le situazioni difficili legate all’assunzione di cibo sono state viste, ne abbiamo parlato insieme, ma pensare di intervenire con aiuti individuali era utopistico, l’aumento del rapporto numerico si è fatto sentire tantissimo al momento del pasto. L’autonomia nell’uso delle posate e del bicchiere non è stato frutto di un percorso educativo, ma dell’arte di arrangiarsi.
Sesta Memoria – Sonno
Il momento più drammatico, per me, è stato sicuramente il momento del sonno, in particolare dalle 14 alle 15, quando l’educatrice presente in servizio rimane da sola con tutto il gruppo di bambini (le educatrici del mattino se ne vanno alle 14 e quella dell’azienda arriva alle 15): i bambini così piccoli hanno un sonno non continuativo, spesso piangono e si svegliano al minimo rumore o perchè perdono il loro ciuccio… le motivazioni per cullarne due o tre per volta sono tantissime e variegate e tu sei da sola ad affrontarle. Puoi fare due cose: pregare che si sveglino scaglionati o vicini di letto per permetterti di cullarli ; portarli fuori dalla camera da letto e affidarli ad una collaboratrice impegnata nella pulizia dei locali, che tiene il bimbo/a nel passeggino per terminare il proprio lavoro, anche se hanno dormito mezz’ora.
Settima memoria – Collaborazione
Quest’anno scolastico mi sono trovata a lavorare con altre due colleghe in una sezione “piccoli” di 15 bambini. L’anno precedente la presenza di una bambina con forte disabilità, e che quindi prevedeva personale in più in organico, non aveva permesso di valutare i cambiamenti riorganizzativi. Abbiamo fatto ricorso al personale collaboratore in più momenti dell’anno e della giornata: l’inserimento, il sonno, la merenda del mattino, il pasto e la merenda pomeridiana. In alcuni momenti anche durante le attività. Non sempre è stato possibile avere aiuti validi, sia per mancanza di tempo che di strumenti e competenze adeguate.
Quando sei sola in camera non sempre riesci a chiamare la collaboratrice proprio perchè si è creata una situazione di emergenza, e questo accade anche negli altri momenti. Insieme alla pedagogista avevamo fatto uno schema di presenza durante l’inserimento, che non sempre è stato rispettato: la malattia e la non sostituzione dei collaboratori, ad esempio, già creava l’impossibilità all’aiuto. Aiuto che veniva dato con l’utilizzo del monte ore della collaboratrice, quindi con un impegno aggiuntivo in mansioni non propriamente di sua competenza.
Ottava Memoria – Collaboratrici e collaboratori<7strong>
Con la riorganizzazione del lavoro nei nidi si è solo ottenuto un peggioramento della condizione lavorative di chi vi investe quotidianamente le proprie energie psico- fisiche. Per quanto riguarda noi collaboratrici/ori dei nidi, con l’internalizzazione dei pasti ci hanno incrementato i carichi di lavoro in modo del tutto gratuito dovendo cucinare i pasti anche per gli adulti, sottraendo con ciò del tempo, che comunque non può essere redistribuito, per rispondere alle richieste di aiuto delle educatrici a seguito dell’ aumento del rapporto bimbo-adulto .Abbiamo garantito comunque delle mezz’ore di compresenza quando non sostituiscono le educatrici. A tale riguardo spesso e volentieri quando ci ammaliamo non veniamo sostituiti/e, come invece dovrebbe essere, e tuttavia anche in tale situazione la collaborazione in alcuni momenti strutturati della giornata bisogna comunque garantirla.
Inoltre aumenta ulteriormente il lavoro e la parte burocratica dovendoci interfacciare non più con un solo fornitore di alimenti ma ben quattro a partire da settembre scorso, con tutte le relative problematiche di gestione delle non conformità dei prodotti e delle consegne multiple in orari e giorni diversi, da monitorare e stoccare a più riprese.
Infine, da settembre 2012 è sparita la figura del jolly di quartiere, la quale girando sempre negli stessi nidi, conosceva bene gli ambienti di lavoro, i colleghi e dopo un pò di tempo era anche riconosciuta dai bimbi. Ma questa è stata sostituita dal collaboratore a chiamata giornaliera che può effettuare sostituzioni su tutta Bologna, quindi in circa 50 nidi, con qualche puntatina anche nelle scuole dell’infanzia, per cui ci capita spesso di dovere spiegare ad ogni collaboratore a tempo determinato che giunge al nido, la conformazione fisica della struttura e la routine di lavoro con inevitabile ricaduta sul personale di ruolo che deve sottrarre del tempo già risicato ad altri lavori.
Addirittura sono arrivate persone dalla graduatoria delle materne che non avevano idea di come si lavorasse nei nidi e che comunque non possono lavorare in cucina. Poi seguono ulteriori problematiche da gestire nell’assegnazione dei compiti perché porre personale precario nelle sezioni lattanti/medi, spesso provoca disorientamento nei i bambini che poi piangono non avendo mai visto la/il collega. Tutta la riorganizzazione si ripercuote inevitabilmente anche nei rapporti tra colleghi, perché dovendo sempre andare di corsa si fà fatica a trasmettere consegne e informazioni varie.
Nona memoria – Orario posticipato
L’orario posticipato èda questo anno gestito da personale dell’azienda Asp Irides. Per noi educatrici, per i genitori, per i/le bambini/e il ricongiungimento è importante tanto quanto l’accoglienza, è fondamentale per costruire e consolidare relazioni significative, di fiducia e affidamento, è un momento che va curato, studiato e verificato e che quest’anno ha evidenziato grandi criticità.
Per chi concludeva alle 16.3 la frettolosità nella consegna ha reso impossibile uno scambio di informazioni verbali sull’andamento della giornata dei bimbi (non è sufficiente il diario giornaliero….i genitori vogliono giustamente “scambiare due parole” con le educatrici), Per chi invece proseguiva fino alle 18 si è verificato un vero e proprio spezzettamento della giornata (alcuni genitori non li vedevamo proprio), di conseguenza era impossibile uno scambio, così come è stato impossibile uno scambio reale con l’educatrice dell’azienda. In definitiva è mancata a noi e ai genitori un “pezzo di giornata” e ciò non lo riteniamo assolutamente educativo. Se l’educatrice incaricata dall’azienda era assemte poteva essere sostituita anche da una persona diversa ogni giorno.
Decima memoria – La paura
Molte di noi chiedono il fuori scuola: ennesima dispersione di forze in campo, ulteriore depauperizzazione di professionalità e di memoria futura. L’intero processo di riorganizzazione è stato fatto nell’ottica del risparmio sul personale e sull’aumento dei carichi di lavoro. Entrambi questi aspetti hanno causato una forte demotivazione al lavoro (in un contesto fortemente legato a questa dimensione), un flusso di personale uscente, una grave perdita di progettazione pedagogica e la deriva dell’aiuto ai bambini con disabilità.
Inoltre i carichi lavorativi attuali lasciano pochissimo spazio all’osservazione individuale e agli eventuali interventi e aiuti mirati. Solo in situazioni dove i bimbi erano già conosciuti cioè già presenti lo scorso anno e seguiti da educatrici comunali si è potuto, con la collaborazione delle lavoratrici dell’azienda garantire una vera integrazione con il gruppo sezione attraverso una buona progettazione, proseguendo il percorso precedentemente iniziato.Diversamente, la gestione Asp differenzia i ruoli, esclude anziché includere, vedi l’essere escluse (di fatto) dagli incontri collettivi del gruppo educativo, dai colloqui con i genitori ecc… aumentando di conseguenza la difficoltà sia a livello progettuale sia a livello relazionale, il grande progetto di inclusione, la visione di supporto, sostegno e valorizzazione di differenze e bisogni viene messo in discussione senza un progetto educativo alternativo e senza indicazioni da parte di studiose e studiosi del settore.
Il deterioramento delle condizioni lavorative reca in sé, infatti, il non riuscire a svolgere il delicatissimo compito educativo, di tutela dei bambini e dei loro genitori, di progettazione pedagogica, che serenamente abbiamo svolto fino ad alcuni anni fa. Non ci sentiamo più parte di un insieme che condivideva le stesse finalità. L’ente, che fino a ieri ci ha accompagnato in un percorso di crescita professionale, sociale ed educativa, è diventato il nemico da battere. All’inizio fu A. Cancellieri a dire che per risparmiare avrebbe iniziato da noi, ma non potevamo ipotizzare che passato il commissariamento sarebbe arrivato il peggio: riorganizzazione ed ipotesi di passaggio alla gestione dell’Asp, scelta strategica di una Amministrazione a maggioranza di centro sinistra.
Come è stato possibile poter esternalizzare, spezzettare il lavoro che riguarda i bimbi e bimbe con bisogni speciali, tema su cui abbiamo tanto lavorato anche grazie alla presenza di personalità importanti intellettualmente, che hanno cambiato in Italia e non solo il pensiero e la didattica relativa alle persone con disabilità. Pensiamo agli intellettuali pedagogisti e sociologi che sui temi delle disabilità e delle differenze e sistemi educativi hanno fatto scuola in Italia e in Europa: Andrea Canevaro, Vittorio Capecchi. Quali sono gli intellettuali con i quali dialoga oggi l’amministrazione sui temi della scuola e dei nidi? Il percorso partecipato, costato non poco, ha visto la partecipazione di più di cento persone un po’ pochine per decidere del futuro dei nidi e sulla qualità e partecipazione dei genitori, cosi’ come ha ben sottolineato durante l’istruttoria un professore della Facoltà di Scienze della Formazione sottolineando inoltre, che la regia educativa è e deve rimanere nelle mani delle educatrici e delle insegnanti.
Gli incontri con i responsabili e le responsabili politici ed amministrativi hanno mostrato la profonda lontananza da chi lavora nei nidi e la totale incomprensione di ciò che si fa realmente al loro interno: parole vuote e reiterate, un disco rotto sul tema dei risparmi, la retorica del “noi capiamo”, la falsità di “la qualità non si tocca”, più che un progetto un mantra.
Forse tutto ciò è determinato da una debolezza della categoria? Tutte donne educatrici, maestre, collaboratrici, a scarsa rappresentanza sindacale o semplicemente il progetto di dismissione dei servizi e il disinvestimento sulla scuola fa parte di un progetto molto più chiaro. Ad esempio chiediamoci come mai la lega delle cooperative sta iniziando percorsi di formazione per lavorare nei servizi pubblici…, chiediamoci perchè non ci vengono esplicitate proposte chiare da sottoporre al pensiero e giudizio del personale del Comune di Bologna. L’amministrazione tarda a rispondere alle lavoratrici, ai sindacati, ai genitori. Chi crede al percorso non partecipato vada a guardare i numeri di tale progetto e le tre giornate dell’istruttoria pubblica… non c’era praticamente nessuno, solo i relatori e le relatrici.
Tanti politici e tante rappresentanze di scuole private. Fatta eccezione per i genitori che in quell’occasione hanno consegnato oltre1.200 firme a sostegno del risultato del referendum del 26 maggio e contro il passaggio all’Azienda Asp di nidi e materne. All’inizio degli anni ’90 gli allora assessori e responsabili dei nidi cominciarono a parlare di costi troppo alti di questi servizi. Contemporaneamente i neo-nati Comitati di gestione iniziarono a riflettere per trovare soluzioni: gli asili nido necessitavano di una legge dello Stato che permettesse loro di diventare “scuole” a tutti gli effetti, e non servizi alla persona. Ciò li avrebbe ulteriormente qualificati e avrebbe, altresì, permesso che bambini e bambine di ogni regione italiana potessero usufruirne, poiché lo Stato avrebbe avuto l’obbligo del loro mantenimento economico.
Fu presentato in parlamento un disegno di legge e, negli anni successivi, altri genitori ed educatrici dei nidi fecero richiesta ai politici di farsene carico, ciò è avvenuto anche durante la campagna elettorale delle ultime elezioni. In questa fase politica a livello locale questo progetto non è presente, mancano oltre alle nominatissime risorse il pensiero, la progettualità, la visione e l’ideologia necessarie per sostenere un grande investimento sui nidi pubblici. A livello nazionale la proposta di legge è ancora lì ad attenderci. In poche parole manca una visione del futuro di processo, togliere professionalità e qualità ai nidi vuol dire non sostenere la fasce più delicate al loro ingresso nella comunità il loro primo passo nel pubblico. Non sostenere le politiche di pari opportunità riguardanti le lavoratrici dei nidi e le genitrici.
Il mantenimento dei nidi, della loro qualità educativa è un investimento sul futuro della città in termini sia economici che di coesione sociale. Lotteremo con tutte le nostre forze e strumenti possibili perchè venga mantenuta la gestione diretta dei nidi che comprenda anche il sostegno ai bimbi e bimbe con bisogni speciali.
Continua…
Per info e comunicazioni: autoconvocatenidi[at]libero.it