A proposito di Rauti (Isabella) e della questione femminile antifascista

26 Giugno 2013 /

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Isabella Rauti
Isabella Rauti
di alcune compagne femministe antifasciste
Isabella Rauti, classe 1962, è stata nominata dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano a ricoprire il ruolo di Consigliere del Viminale nella lotta al contrasto al femminicidio. È stato sostenuto dal ministro che la scelta è stata dettata dalle competenze di Rauti in tema di violenza di genere e pari opportunità.
Sul sito personale di Rauti è possibile consultare il curriculum vitae, un primo passo per verificare la fondatezza delle motivazioni di merito riferite da Alfano: la stragrande maggioranza delle pubblicazioni e delle esperienze di Isabella Rauti sono riconducibili a nomine politiche istituzionali o accademiche (quindi, politiche, poiché a noi non piace l’ipocrisia). In particolare, dal 2003 al 2007 (nel triennio 1994-1997 è nominata Componente della Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna, istituita presso la Presidenza del Consiglio) Rauti ricopre il ruolo di consigliera nazionale di Parità presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, fino ad essere scelta come Capo Dipartimento del Ministero per le Pari Opportunità con il governo Berlusconi.

Se eccettuiamo le pubblicazioni istituzionali (solitamente frutto del ruolo ricoperto), le altre, poche, riguardano la contro-rivoluzione vandeana e un maldestro tentativo di accreditare l’emancipazione femminile al Fascismo (durante la sua direzione del Centro Studi Futura, associazione culturale fascista che produrrà nella sua breve vita un solo pamphlet dal titolo “Gli angeli e la rivoluzione. Squadriste, intellettuali, madri, contadine: immagini inedite del fascismo femminile” per le edizioni Settimo Sigillo), oltre al testo “I Paladini della reazione – Il pensiero antirisorgimentale in Italia nella prima metà dell’Ottocento”, sempre per le edizioni Settimo Sigillo.
È abbastanza chiaro che nessuna di queste pubblicazioni può valere una cattedra universitaria né tantomeno possono ricoprire alcuna scientificità le case editrici proponenti: le edizioni Settimo Sigillo, ad esempio, sono parte del network editoriale neofascista italiano (tra gli ultimi autori proposti dalla SS – “strano” acronimo della casa editrice – troviamo il terrorista nero Pierluigi Concutelli, assassino del pm Occorsio che indagava su Ordine Nuovo, e responsabile di molte altre nefandezze). I temi trattati – dall’anti-illuminismo alla critica della modernità, dall’anti-femminismo all’anti-egualitarismo -vengono trattati con approssimazione analitica e sono privi di alcun contributo di approfondimento o novità che ne possa giustificare una qualsivoglia attenzione.
Più semplicemente: cosa c’entra questa paccottiglia con le competenze in tema di genere? Sul piano professionale Rauti è una mediocre intellettuale, mentre al contrario sembra avere un eccezionale successo nei salotti buoni della borghesia di sinistra, oltre che in quelli ben più importanti e blasonati delle più alte istituzioni di Stato.
Una carriera singolare, quella di Rauti, che giovanissima si batte per una restaurazione anti-femminista dentro e fuori l’Msi, come militante del settore femminile del partito e della sua struttura giovanile, fino a fondare – con Flavia Perina, Annalisa Terranova ed altre camerate – la rivistina ciclostilata “Eowyn”, il cui titolo rimanda all’imprescindibile ed unica bibbia teorica delle e dei rautiani dell’epoca, “Il signore degli Anelli”.
La rivista è imbarazzante per la pochezza concettuale in rapporto all’alta ambizione dichiarata di voler muovere battaglia ai contenuti “sessisti” del femminismo egemonico (siamo alla fine degli anni Settanta). Grottesca l’asimmetria tra le copertine inneggianti a muse medioeval-rinascimentali, guerriere di grandi castelli a fianco di virili cavalieri, e i contenuti, per lo più riguardanti la moda, il senso del pudore oltraggiato dalle femministe impudiche, la lotta all’aborto, al divorzio, alla contraccezione (eh si…).
Nessuno e nessuna, dentro e fuori l’Msi, dentro e fuori i movimenti neo-fascisti, ha mai notato o letto, probabilmente, quella rivista. Fino ad un fortunato giorno del mese di marzo del 1981, quando ad accorgersi dell’inutile foglietto è addirittura “Noi Donne”, rivista femminil-femminista del Pci, grazie all’articolone di Silvia Neonato dal titolo “Le guerriere, le vestali e le altre”.
Dettagli? Neanche per idea. Le femministe del piccì decidono probabilmente che le rautiane (da Pino Rauti, padre vero di Isabella e putativo politico del collettivo di Eowyn) servono alla causa della “sorellanza”, per fare breccia nella destra eversiva dell’epoca, stimolandone, per così dire, l’emersione di un riformismo che ancora oggi stenta a vedersi (non possiamo mica prendere sul serio Futuro e Libertà).
Cosa resta oggi di quella antica, e ancora oggi percorsa, pratica politica dell’utilizzo delle contraddizioni altrui fatta da sinistra? Resta Rauti e il suo opportunismo politico e personale, fatto di oblique relazioni destra-sinistra nei tanto vituperati salotti buoni del femminismo mainstream che l’hanno aiutata a crescere politicamente e ad avere ed ottenere ascolto, perché presentata da donne autorevoli, di specchiato passato nelle lotte per la liberazione delle donne; grazie a queste remunerative relazioni e ai suoi passaggi istituzionali crescono le sue “competenze” in tema di Pari Opportunità, un concetto che a Rauti dà l’orticaria fin da adolescente, quando da fascista lottava contro l’eguaglianza tra i sessi e contro la “guerra femminista tra i sessi”, dimostrando di meritare 2 in filosofia e 9 da politicante, poiché è grazie a quella stessa guerra tra i sessi, “femminista e quindi sessista”!, che oggi Rauti ha gli incarichi che ricopre, pur mostrando di non aver capito veramente niente del femminismo e delle sue istanze.
Tra l’altro, com’è noto, la sua lotta politica è di difesa del ruolo materno e della differenza sessuale biologica: notevole pensare che colei che dovrebbe “consigliare” contro le stereotipie discriminanti di genere, consideri le differenze biologiche tra i sessi fondative dei ruoli di genere…Invece di leggere quel fascista di Evola, farebbe meglio a capire di cosa stiamo parlando quando ci riferiamo a sesso e genere, poiché è proprio l’idea tradizionalista e bigotta di Rauti a confermare, riprodurre e moltiplicare atteggiamenti violenti e sessisti verso chi eccede la norma biologica di divisione sessuale.
Ma Rauti ha una benché minima idea di cosa stiamo parlando, o conosce (e continua a leggere) gli unici rassicuranti tre autori fascisti fin dall’adolescenza? Se queste sono le competenze… Dunque è grazie all’intelligenza politica (…) di quelle vecchie volpi del piccì, quelle che la sanno lunga, quelle che sanno “manovrare”, che oggi Rauti può permettersi, impunita, di inquinare costantemente la lotta per la liberazione delle donne promuovendo infami azioni di depistaggio quali il “Manifesto del nuovo femminismo”, una raccolta di firme contro l’aborto promossa dal Movimento per la Vita, la cui promotrice è Olimpia Tarzia, una signora che a Roma purtroppo conoscono bene.
È ancora grazie a costoro che Flavia Perina è accolta in nome della sorellanza sui palchi delle “Se non ora quando?”, senza che nessuna a sinistra provi vergogna o imbarazzo o esiga da lei i nomi degli assassini di Walter Rossi, dato che lei non può non sapere. È ancora grazie a costoro se la prima prova politica di superamento dei posizionamenti di destra e sinistra possiamo accreditarla storicamente ad opera di alcune donne del maggior partito di sinistra dello schieramento istituzionale.
A sinistra i risultati di questa memorabile! operazione politica stanno a zero, mentre, a quanto pare, ancora oggi alle stesse signore e alle proprie figlie, biologiche e non, piace insistere negli stessi errori del passato. Il femminismo antifascista, al contrario, ricambia ogni inimicizia verso Isabella Rauti, diffidandola dall’occuparsi di questioni di cui poco capisce e nulla condivide.

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