Pasolini, gli anni Sessanta e l'attualità di certe situazioni / 2

12 Febbraio 2013 /

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di Aldo Tortorella
Per la maggior parte del secolo breve, la gran parte delle energie fu spesa da una parte nella difesa del sistema scaturito dalla prima grande e riuscita rivoluzione contro il sistema proprietario o, dall’altra parte (quella dei critici da sinistra) nell’attacco portato al modello sovietico in nome della inaccettabilità della deviazione burocratico dittatoriale dai principi originari, ma non impegnato nella ricerca dei problemi irrisolti fin dalle origini, in parte visti dalla Luxembourg.
Di contro, dal lato della socialdemocrazia, l’opposizione radicale alla negazione sovietica del pluralismo politico democratico implicava certamente, com’era stato in Bernstein, la critica ad una analisi semplicistica del modello capitalistico ma per sbocciare in una sua più o meno esplicita approvazione come unico modello perseguibile, pur nel mantenimento formale – e generalmente dimenticato – dell’obiettivo del ‘superamento del capitalismo’, che rimase fino al 1989 nel programma dell’internazionale socialista abbandonato in qualche cassetto.
La critica dei fondamenti rimase appannaggio degli ideologi della destra, il cui interesse era essenzialmente quello di ribadire il convincimento diffuso che il mondo è sempre andato allo stesso modo cosicché anche quando avevano qualcosa di serio da dire, la loro strumentalità li escludeva dall’attenzione di chi avvertiva la insostenibilità di una ingiustizia sociale tanto grande.

Accadde per questo blocco del pensiero critico della sinistra politica che la critica nuova dell’esistente prendesse altre strade. Il pensiero ecologista, che poneva l’accento sulla insostenibilità del modello economico fondato sulla presunzione di uno sviluppo infinito dei consumi in una natura finita, o il movimento neofemminista della differenza, che coglieva la contraddizione originaria tra il maschile e il femminile non risolubile con l’emancipazionismo, nascevano entrambi, nella seconda parte del secolo scorso, fuori della tradizione del pensiero comunista o socialista. Persino la constatazione della questione morale come questione politica, fu considerata estranea o inaccettabile dal pensiero e dalla pratica della maggioranza della sinistra tradizionale, assuefattasi ad una caricatura del machiavellismo più dozzinale.
Nacque da questa sorta di paralisi concettuale – e dunque operativa – la incapacità di egemonia culturale nei confronti di movimenti che avevano sollevato e sollevavano inquietudini più che fondate sulle sorti dei giovani d’allora e del Paese. E il metodo dell’oblio o della nostalgia, portando a scartare come inessenziale il ripensamento di se stessi, genera oggi la afasia di fronte alla crisi devastante che coloro stessi che l’hanno generata tendono a risolvere con il consueto metodo di riversarne il peso sulle classi lavoratrici, a partire dai più giovani.
Il dominio del capitale finanziario, intravisto da Marx, spiegato da Hilferding cent’anni fa, sia pure con gli strumenti d’allora, non ha visto nessuna proposizione di efficace contrasto dalla parte che considera se stessa come progressista o alternativa: per fare l’esempio più ovvio, la stessa Tobin tax, misura minima, porta il nome dell’economista conservatore che la propose.
Perciò mi è parsa utile questa iniziativa, perché lo stesso sindacato, ivi compresa la CGIL, pur rimasta l’ultimo baluardo in difesa del lavoro, non credo si possa considerare estranea alla esigenza di una riflessione che cerchi di vedere come sia accaduto un così pesante arretramento, un così grande accrescimento della distanza tra chi ha e chi non ha, e un così diffuso moto, oggi visibile anche nelle urne, di una nuova negazione senza costrutto che fa temere il peggio.
A me pare evidente che di fronte alla scadenze anche elettorali che incalzano sia necessario sostenere senza dubbi ciò che appare il meno peggio, per cercare per quanto è possibile aspirare a qualcosa di meglio e innanzitutto al mantenimento delle garanzie democratiche costituzionali, fortemente a rischio. Ma anche per questo obiettivo minimo ma difficile da raggiungere, a me sembra utile continuare a lavorare per costruire fondamenta più solide ad un pensiero e ad una pratica della sinistra politica e sociale.
Fine

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