Granarolo: nuovo centro sportivo del Bologna, ma c'è chi non è d'accordo

20 Dicembre 2012 /

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di Sandro Nanetti
Granarolo, tra via Prati e la San Donato, è il luogo in cui sorgerà il nuovo centro sportivo del Bologna calcio. E per capire lo stato dell’arte informando i cittadini, nei giorni scorsi l’amministrazione comunicale ha convocato un’assemblea. Ad affiancare il sindaco Loretta Lambertini ci sono il vice presidente della Provincia Giacomo Venturi, il responsabile dei servizi tecnici del Comune e perfino due funzionari della ditta che impianterà i campi in erba sintetica. Il pubblico, dal canto suo, è equamente diviso tra favorevoli e contrari alla nuova realizzazione.
Loretta Lambertini apre con una puntigliosa descrizione dei passaggi che hanno portato a quest’ultima fase: pubblicazione degli atti definitivi e sessanta giorni di tempo per valutare obiezioni, suggerimenti, diversi pareri. Poi, il 4 febbraio 2013, il decreto della Provincia che segnerà un’altra importante tappa del percorso per la realizzazione dell’opera.
L’amministrazione comunale non ha dubbi sul fatto che per Granarolo si tratti di un’opportunità irripetibile: il Bologna Calcio per cinquant’anni si assumerà impegni di manutenzione del parco pubblico che sarà realizzato al posto dell’attuale area sportiva comunale di via Roma. Agli sportivi giovani e meno giovani del paese sarà destinata una porzione (circa 5 ettari) dei ventitré ettari occupati dal nuovo centro del Bologna Calcio. Anche le infrastrutture viarie saranno realizzate dalla società bolognese che, a tutela del comune, dovrà fornire garanzie fideiussorie per il 110 percento degli oneri previsti.

All’entusiasmo della prima cittadina si uniscono dirigenti di società sportive di Granarolo che, a loro dire, attualmente faticano a sbarcare il lunario e intravedono nella nuova soluzione logistica grandi opportunità per sviluppare le loro attività. A rovinare la festa ci sono i soliti bastian contrari, in particolare i consiglieri della lista di opposizione e Gianni Galli del Comitato per l’alternativa al Passante Nord, che esprimono parere negativo.
Le loro ragioni sono di natura ambientale: Granarolo è già uno dei paesi della cintura bolognese che più ha cementificato la campagna negli ultimi dieci anni, distruggendo terreno pregiato a vocazione agricola. Inoltre i campi di calcio richiedono irrigazioni ingenti e tali da alterare il delicato equilibrio esistente per il prevedibile ricorso a falde in profondità.
Last but not least, la porzione di centro sportivo destinata agli sportivi di Granarolo si trova sotto un traliccio ad altissima tensione, 220 mila volt, sotto il quale le buone pratiche consigliano di non sostare per più di quattro ore al dì. Tra pareri pro e contro, il dibattito prosegue con l’amministrazione che rassicura sulla sostenibilità piena dell’impianto e i tecnici dell’erba che garantiscono un consumo idrico minimale, con possibilità di riciclaggio del liquido grazie a particolari stratificazioni sintetiche e un laghetto opportunamente predisposto per fungere da serbatoio, con possibilità di integrare nel sistema anche l’acqua piovana.
La questione del traliccio e delle onde elettromagnetiche deve però aver provocato una piccola breccia in consolidate certezze se il sindaco, sul finire della serata, promette di organizzare nei giorni immediatamente successivi alle festività natalizie un incontro pubblico dedicato, con tanto di tecnici specializzati. Tocca poi a Giacomo Venturi decantare questa opera, sostenuta a spada tratta dalla Provincia come un qualche cosa di ben diverso dai “Mondo Bologna” e Romilia che in anni passati segnarono le ambizioni di altri manager rossoblù e che puntualmente la Provincia affondò.
Conclude parafrasando una vecchia pubblicità della Guzzi: il nuovo Centro Tecnico del Bologna è una realizzazione di Granarolo che il tutto il mondo ci invidia. Nell’aria resta l’interrogativo posto da una signora nel suo intervento: le nuove potenze mondiali continuano ad acquistare terreni nei paesi in via di sviluppo per ampliare le loro possibilità di coltivare cibo che, in prospettiva, sarà nel pianeta una risorsa insufficiente e, di conseguenza, sempre più strategica. Possibile che in Italia, già ampiamente dipendente dall’estero per i suoi fabbisogni, si continui a distruggere la campagna coltivabile?
Per Venturi è tranquillizzante affermare che la regione Emilia Romagna ha ridotto da dieci anni il trend di cementificazione del territorio rispetto alle edificazioni selvagge perpetrate in precedenza. Tralasciando che quando la crisi economica allenterà la sua stretta si potrà ricominciare alla grande.

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