In memoria di Adrienne Rich: quando la poesia diventa un impegno politico necessario

31 Ottobre 2012 /

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Adrienne Rich
Adrienne Rich
di Alice Facchini
“Nel mondo, ancora oggi vivono milioni di donne discriminate, sfruttate, violentate. Queste persone trascorrono la loro esistenza nel silenzio, o, peggio, nella non consapevolezza. Con una parola forte, potente, Adrienne Rich colmava questo vuoto”. Così Rita Monticelli, insegnante alla facoltà di lingue e culture straniere, apre la conferenza “Leggere per ricordare. In memoria di Adrienne Rich”, nata per commemorare questa grande donna, scomparsa il 27 marzo di quest’anno.
Il 25 ottobre, era questo uno degli appuntamenti della quarta edizione di “Ex Libris”, il programma di incontri dedicati alla lettura e alle sue diverse declinazioni, nati per dare nuova luce alla Biblioteca di Discipline umanistiche dell’università. Rita Monticelli, studiosa di Adrienne Rich, e Maria Luisa Vezzali, traduttrice e poetessa a sua volta, si sono cimentate nella lettura di alcune poesie, dialogando con un’ospite d’eccezione: la giovanissima Julia Conrad, nipote di Adrienne.

“Adrienne aveva una grande fiducia nella parola poetica, capace di cambiare il mondo – spiega Rita Monticelli -. Le rivoluzioni, per riuscire, hanno bisogno di bellezza. Così, la parola poetica diventa gesto estetico e impegno politico insieme”. La Rich è stata un’intellettuale importantissima negli Stati Uniti, motore dei movimenti femministi, omosessuali, contro le discriminazioni razziali. Ma in Italia è pressoché sconosciuta, non tanto come saggista, quanto piuttosto come poetessa. Al momento, viene pubblicata solo da un piccolo editore come Crocetti, con evidenti difficoltà di diffusione. L’unica traduzione di cui si può disporre è quella di Maria Luisa Vezzali, presente alla conferenza: “L’Italia è una colonia americana – almeno fino a quando non diventerà una colonia cinese -, ma il pensiero dei grandi intellettuali statunitensi non viene fatto arrivare fin qui, viene bloccato alle frontiere a differenza delle merci che muovono capitali”.
Nata nel 1929 a Baltimore, nel Maryland, Adrienne Rich fin da giovane inizia a scrivere (il primo libro viene pubblicato quando lei aveva solo 22 anni): la poesia non era solo musica, ma anche un mezzo di autodeterminazione personale. Scrivendo, cercava una risposta alle grandi domande della vita: “Chi sono io?”, “Che cos’è l’amore?”, “Che cos’è la verità?”. Negli anni ’50 si sposa con l’economista Alfred Conrad, da cui avrà tre figli.
Dai metri tradizionali, negli anni Sessanta passa a forme più aperte e sperimentali: questo mutamento coincide con le grandi proteste contro la guerra in Vietnam, con le rivendicazioni nei confronti del movimento femminista e di liberazione degli omosessuali. Nel 1974, riceve il «National Book Award for Poetry», accettato insieme ad altre due poetesse in nome di tutte le donne che vivono nel silenzio. Proprio in quegli anni, dopo la morte del marito, Adrienne si scopre omosessuale, e si unisce a Michelle Cliff, che resterà la sua compagna per tutta la vita. Con l’avvento della globalizzazione, i temi trattati nei suoi testi si allargheranno sempre più, e la poesia diventerà via via più dialogica: una polifonia di voci, le voci di coloro che vorrebbero farsi sentire, ma non trovano spazio nei grandi media.
Adrienne Rich credeva profondamente che l’impegno politico fosse necessario, per cambiare le storture di questo mondo. E non si trattava di un impegno ideale, teorico, ma di un’azione concreta, da svolgersi qui e adesso. Per questo, alla celeberrima frase di Virginia Woolf: “Come donna, non ho Paese. Come donna non voglio nessun Paese. Come donna, il mio Paese è il mondo intero”, rispondeva: “Come donna, io ho un Paese; come donna, non posso spogliarmi di quel Paese semplicemente condannando il suo governo, o dicendo tre volte ‘Come donna, il mio Paese è il mondo intero'”.
In questa vera intellettuale, una grande lucidità e un ragionamento filosofico rigoroso si coniugano a una forte passione. I suoi studi non erano mai disgiunti dall’attività pratica: l’impegno politico si riflette in lei anche nel comportamento quotidiano, nell’atteggiamento assunto tutti i giorni. Julia, la nipote di Adrienne, interviene solo per dare un breve spaccato di chi era sua nonna nel privato della casa: “Mi ricordo le nostre chiacchierate, parlavamo moltissimo. Fin da quando ero piccola, mi ascoltava in quanto essere umano, e mi parlava come se fossi già un’adulta. Aveva alte pretese su se stessa, sull’altro e sul mondo intero: era questa la sua più grande manifestazione di rispetto e amore”.
L’incontro si chiude con uno dei testi chiave di Adrienne Rich: Tonight no poetry will serve, “stanotte nessuna poesia servirà”. “Questa sembra quasi una dichiarazione disillusa – spiega Maria Luisa Vezzali -. Non dobbiamo scordare però che i due mostri contro i quali combatteva Adrienne Rich erano la disperazione e l’inerzia: bisogna sempre lottare, perché il mondo deve essere cambiato. In effetti, in inglese il verbo ‘to serve’ ha due diverse accezioni: ‘servire’ nel senso di ‘essere utile’, ma anche nel senso di ‘essere servo’. Dunque, questa poesia si trasforma in una dichiarazione forte, di potenza della parola poetica: ‘stanotte, la poesia non sarà serva di nessuno'”.

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