di Alice Facchini
“Non era una semplice giornalista: era una vera e propria scrittrice, con una grande capacità comunicativa. La sua maggiore qualità era la coscienza personale: lei provava una profonda vergogna per quello che stava succedendo nella guerra in Cecenia. Si vergognava per i soldati, per i propri governanti, e addirittura per il proprio popolo. In una società corrotta come quella russa, proprio per questa sua coscienza venne disprezzata, e finì per rimanere sola”.
Così Galina Ackerman, scrittrice e traduttrice russa, descrive l’amica Anna Politkovskaja. È il 7 ottobre, sesto anniversario della morte della grande giornalista della Novaia Gazeta, assassinata nell’ascensore del suo palazzo a Mosca, mentre stava rincasando. Non a caso, proprio in questo giorno Galina è ospite nella grande Sala Estense di Ferrara, dove si svolge la conferenza sulla graphic novel Quaderni russi di Igort, seconda parte di un dittico sui paesi dell’ex Unione Sovietica, preceduto da Quaderni ucraini. È uno degli eventi principali, nella domenica del festival di giornalismo della rivista “Internazionale”, che si è svolto dal 5 al 7 ottobre a Ferrara. Commenta Igort, l’autore:
Lo scopo del mio libro era comprendere, non giudicare. Comprendere la società russa, e la vita di questa donna: conoscere le sue azioni, le sue intenzioni. E capire il suo profondo impegno nel raccontare la terribile guerra in Cecenia.
Così, ha seguito passo passo i suoi movimenti, intervistando chi era stato intervistato da Anna, recandosi nei luoghi che lei aveva visitato.
Mi interessava la vita vera, da separare dall’icona. Quando una persona si trasforma in un personaggio, avviene un terribile processo di mummificazione.
Per questo, è rimasto due anni a vivere nei paesi dell’ex Unione Sovietica, affittando appartamenti e vivendo come un locale.
Questo viaggio mi ha profondamente cambiato: la realtà con la quale mi sono scontrato era completamente diversa da come l’avevo immaginata. Io provengo da una famiglia fortemente di sinistra. Mi sono reso conto però che la reale società sovietica era molto distante dall’ideale utopistico delle classi colte comuniste europee.
Così, Igort è rimasto incastrato in una burocrazia kafkiana, e ha preso coscienza della corruzione, della negligenza, della passione per il segreto che ancora infangano questo Paese:
In Russia, non c’è l’abitudine a parlare. La gente ha ancora molta paura. Quando chiedevo agli anziani cosa si ricordassero del tempo di Stalin, mi rispondevano: ‘Voi chi siete?’. Nella Russia ufficiale, non si vuole nemmeno sentir parlare di Cecenia.
Attualmente, la Cecenia è una repubblica autonoma della Federazione Russa. Il presidente Kadyrov agisce come un dittatore con pieni poteri. Spiega Galina Ackerman:
La corruzione dilaga in ogni campo della società. Non si può fare un passo senza pagare qualcosa a qualcuno. Ogni tipo di resistenza è recisa alla radice: non solo rischi tu, ma anche i tuoi amici e la tua famiglia. La Cecenia è il regno del terrore: chi si oppone, è definito ‘cane rognoso’ e ucciso senza mezzi termini.
Ma come trasmettere questo clima attraverso il disegno e le parole?
Il libro è stato un lavoro avanzato a strati. Cercavo di restare all’ascolto, e ogni volta che scoprivo qualcosa in più, aggiungevo. Alla fine, però ho deciso di eliminare molte parti tra quelle più violente. Un libro deve essere un piacere, non una tortura: era giusto informare il lettore, ma non accanirsi sulla sua sensibilità. Detesto la pornografia della violenza.
Prosegue Galina Ackerman:
Anna era una vera esponente di una intelligenzia russa formata da persone colte che, come Cechov e Tolstoj, dedicano la vita al loro popolo. Voleva lottare per i valori in cui credeva, anche a costo di rischiare la vita. Quando le chiedevo: ‘Non hai paura di morire?’, lei mi rispondeva solo: ‘Io non mi posso fermare. Se no, come potrei guardare negli occhi i miei figli?’. Da qualche tempo, l’intelligenzia russa si sta risvegliando, dopo anni di assopimento: gli intellettuali oggi non si disinteressano più della politica, anzi si alzano in piedi, e fanno sentire la loro voce.
È in questo clima che vanno collocate le recenti proteste contro il presidente Putin e contro le tradizionali gerarchie della chiesa ortodossa russa, eredi dei vecchi poteri totalitari sovietici. Chi manifesta, va tuttora incontro a grandi pericoli: il gruppo delle Pussy Riot, collettivo femminista, rischia la prigione solo per manifestare pacificamente attraverso flash mob e performance estemporanee. Alla Duma, sta per passare una legge per punire le “offese al sentimento religioso”. Ma chi stabilirà in cosa consiste l’offesa? Oggi è una canzone punk, domani sarà una minigonna, o magari un libro.
Conclude Igort:
Non è ammissibile che i governi europei riconoscano Putin come un presidente democratico, quando in Russia avvengono ancora queste violazioni delle libertà e dei diritti umani. Bisogna iniziare a dire ‘No’, sorpassando un no demagogico e arrivando a un no più ponderato e cosciente.