Modena: manifesto per un trasporto pubblico locale, efficiente e sostenibile

15 Maggio 2018 /

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L’urbanista Lorenzo Carapellese ha presentato ai primi di maggio, in un conferenza stampa organizzata da Sinistra Italiana, un “Manifesto per un trasporto pubblico locale, efficiente e sostenibile a Modena”. Qui sotto il pdf liberamente scaricabile con l’intervento completo. Di seguito una sintesi.

Le motivazioni per la messa a punto del manifesto, vanno ricercate nel fatto che di trasporto pubblico a Modena come in tante altre parti di Italia se ne parla solo in occasione di scioperi, aumento del biglietti, bus che prendono fuoco e/o per il rinnovo dei CDA. Invece il trasporto pubblico è molto di più che una modalità di trasporto. E “…il nuovo paradigma della mobilità che considera gli spostamenti non come derivata, funzionale allo svolgimento di attività, ma anche come attività in sé, non un tempo morto, ma un tempo sociale che ha bisogno di riappropriarsi dello spazio urbano, di competenze e risorse” recita il Manifesto.

Partendo da queste considerazioni Carapellese ritiene che “…la nomina del nuovo presidente di SETA sia un’opportunità non solo per ragionare in merito al rinnovo dell’incarico ma anche sulla necessità di riflettere sul ruolo del trasporto pubblico. In realtà sarebbe necessario mettere a fuoco scenari sulla base di prospettive e possibili evoluzioni di una azienda strategica per lo sviluppo economico e sociale della città, temi che purtroppo nessuno chiede e propone. Che confermano come “… la mobilità e trasporto pubblico non siano al primo posto nell’agenda di questa amministrazione… ” ed inoltre che in una delle zone del paese e d’Europa a più alta motorizzazione privata, inquinamento atmosferico, congestione quotidiana, alto tasso di incidentalità e con oltre 700 mila abitanti si possa contare su un Presidente di AMO solo per pochi giorni lavorativi al mese”.
Non manca nel “Manifesto “… una analisi della struttura societaria di SETA, che è un intreccio articolatissimo di società pubbliche e cooperative in cui è difficile individuare il maggior azionista e un riferimento importantissimo al fatto che entro il 2019, dovrà essere espletata una nuova gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico nei tre bacini di Piacenza, Reggio e Modena. Con il rischio che in nome della liberalizzazione il trasporto pubblico locale diventi una commodity come fosse zucchero, patate ed in cui alla fine quel che conta sono le azioni che si detengono e non la qualità del servizio.
Si prospetta così, una gara tra aziende di diritto privato (ma controllate dal pubblico) di grandi dimensioni, pensando che questo modello, possa portare un beneficio agli utenti ed ai cittadini nel trasporto pubblico, il che non è affatto vero quando invece “municipalizzato” anche piccolo può essere bello, costare meno, essere più efficiente e, soprattutto, far si che i Consigli Comunali, le comunità ne possono controllare l’operato. Da qui un invito per una profonda riflessione collettiva per valutare cosa sia ora il TPL, cosa vorremmo da questo, quando e quanto siamo disposti a pagare sia in risorse pubbliche, sia in tumori in meno per un’idea di mobilità che non può più essere quella della motorizzazione privata ad oltre il 70% e di quella ciclistica, pedonale e pubblica al 30%.
Il contesto del TPL è spiegato nel Manifesto “…è però totalmente differente da quello di oltre 20 anni fa, quando ancora la mobilità privata non aveva raggiunto gli attuali abnormi livelli! … il TPL, specialmente quello urbano e metropolitano rappresenta e rimarrà, per almeno altri 20 anni, una delle poche leve in mano pubblica per evitare non solo disastri ambientali, ma la garanzia per una mobilità di qualità a tutti i cittadini e a costi contenuti. Disgraziatamene la politica regionale e locale non ha mai voluto fare i conti con l’enorme quantità di auto in circolazione che sono quasi 1000, se non più, ogni 1000 abitanti e dove, probabilmente, oltre il 70% dello spazio pubblico delle città è destinato a parcheggio di auto che stanno ferme il 95 % del tempo giornaliero”.
Purtroppo il governo locale, afferma Carapellese, crede che “…la scarsa velocità media del bus nelle aree urbane, il loro numero, la frequenza, la comodità e l’efficienza sia attribuibile solo al tipo di gestione (pubblico negativo/privato positivo) e non al fatto che siano troppe le auto che trasportano solo il conducente…che anche a Modena, se volessimo diminuire i tempi di trasporto nelle ore di punta e morbida non basterebbe neanche il raddoppio della flotta, che i bus rimarrebbero in fila, come balene spiaggiate al pari dei tanti Suv 3000, mentre 70 e più passeggeri sono stipati come sardine dentro un bus con oltre 12 anni di vita”.
“Come se la liberalizzazione del trasporto pubblico potesse far diminuire nei centri storici e nelle ZTL i permessi che sono invece stati concessi come in Argentina l’inflazione…oppure che l’abilità del guidatore di una azienda di trasporto privata sia in grado di colmare la mancanza di corsie riservate agli autobus che sono rare come i tartufi in primavera….”
L’analisi valuta criticamente anche “…la colpevole sottovalutazione del TPL nelle bozze di PUMS in corso di definizione e sino ad ora elaborate e presentate, il silenzio dell’Assessorato all’Ambiente e l’accidia dell’Agenzia della Mobilità che, in primis, dovrebbe dire chiaramente a quali risultati deve mirare il piano e quali sono le mancanze riscontrate e, per finire, critica l’arretratezza culturale sul tema della mobilità dell’Assessorato alle Infrastrutture e Mobilità che si è dimostrato inadeguato al compito”.
Carapellese non risparmia l’Assessorato all’Urbanistica che “…non ha valutato i dati sulla ciclabilità (che cala invece di aumentare – dati FIAB aprile 2018)”.
Mentre in Germania, Olanda Inghilterra, Francia ed in tante aree europee fortemente inquinate come quella padana, fa notare Carapellese, si bada al sodo, ovvero si pensa a come rendere universale e gratuito il TPL, mirando alla limitazione degli spostamenti con mezzi privati ed agevolando progressivamente ciclabilità e pedonalità. Così, del resto, si è operato in tante zone di Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca ecc. Lo si è fatto giungendo a declassare chilometri di autostrade che arrivavano in centro città, in vere e proprie ciclabili a quattro corsie. Da qui proposta di una bretella ciclabile a 2 corsie per senso di marcia, illuminata anche per gli spostamenti notturni, dotata di tutti i ‘ciclo-servizi'” da Modena al comprensorio delle ceramiche.
Nel Manifesto un riferimento impietoso allo scempio quotidiano di migliaia di autovetture che si muovono, due/tre volte al giorno, per portare e riprendere i ragazzi da scuola. E chi se non la politica si chiede Carapellese deve modificare l’attuale percezione/situazione del trasporto pubblico che è considerato il mezzo di trasporto dei poveri? La sua risposta è “…partire da una diversa ripartizione dei fondi e delle risorse finanziarie di competenza regionale che, invece di essere buttati nella Cispadana e nella inutile bretella Modena–Sassuolo. …vanno utilizzati per l’acquisto di autobus…smettendo di finanziare rotonde inutili e costosissime per “snellire il traffico” in favore…della ricostruzione di marciapiedi (come dio comanda!) prima di tutto nelle zone di periferia dove ci sono altrettanti cittadini che, come quelli dei centri storici, hanno diritto ad isole pedonali, zone a Km 30, spazi vivibili anche con fontane, monumenti ed opere d’arte. I marciapiedi sono stati e saranno sempre più l’infrastruttura principale della mobilità urbana, quelli che ti portano in sicurezza da casa alla fermata dell’autobus, da casa al parcheggio, da casa al parco, al centro storico, al negozio!”
Carapellese insiste sulla priorità di “…ridisegnare le strade urbane…predisporre corsie preferenziali per i mezzi pubblici…marciapiedi non inferiori a 1,5 mt. quando preesistenti e di almeno 2 mt. se di nuova costruzione …delimitare le piste ciclabili nelle radiali più trafficate e dare loro collegamento e continuità con il resto della viabilità, ma in sicurezza e con precedenza rispetto alla modalità automobilistica…. istituire zone a Km 30 in tutte le aree residenziali, eliminare gradualmente i parcheggi a lato strada nella misura di almeno l’1% l’anno, cominciando da quelli prossimi a monumenti, alle scuole, alle biblioteche ed ai musei insomma a tutti quei luoghi pubblici o di interesse pubblico raggiunti da TPL ….sino ad arrivare, nel tempo, ad un rapporto auto/abitanti inferiore alle 400 unità per ogni 1000 abitanti, ad un “modal share” del 30% per trasporto pubblico, del 30% di ciclabilità, del 20% di pedonalità. Con la motorizzazione privata non superiore al 20% di tutta la mobilità complessiva”.
“Queste – afferma l’urbanista – sono le azioni prioritarie necessarie per sostenere il TPL. Questo è TPL! Non solo autobus. TPL è civiltà urbana, educazione civica, cultura urbana, buona urbanistica, buone infrastrutture pedonali e ciclabili, strade che non inducono alla velocità ma dotate di adeguati marciapiedi e ciclabili che portino all’incontro, allo shopping, al camminare, al gioco, al saluto ed allo scambio”.
Non manca nel Manifesto il ruolo donne e del part time nell’azienda dei trasporti. Dice “… abbiamo la possibilità di impiegare moltissimi addetti a un part time indirizzato soprattutto verso le donne che, già da tempo, si sono dimostrate bravissime ed efficientissime nella guida dei bus, dei tram, delle filovie…possiamo finalmente dare contemporaneamente dignità alla mobilità con l’opportunità di un buon lavoro ben pagato e retribuito a centinaia di persone con il compito “pubblico” di portarci a destinazione in sicurezza e comodità”.
E poi Carapellese si domanda “…che vantaggio avrebbe la nostra comunità, come quella di Reggio Emilia o quella di Piacenza da un bando di gara al ribasso il cui risultato sarebbe il risparmio di poche centinaia di migliaia di euro, a fronte poi di un generalizzato sub-appalto ad altre cooperative, di esternalità anche dei controllori tanto per diminuire diritti e paga delle lavoratrici e dei lavoratori, di contratti a breve termine accompagnati da relazioni sindacali tanto sgradevoli quanto lo sono state quelle passate e di oggi?”
Il Manifesto indica quindi…una diretta governance pubblica, competente e non affidata sempre e solo al politico di turno oltre che …di supervisori della mobilità che siano realmente indipendenti, che facciano sentire la loro voce in tutti i momenti dove si parla di TPL (e di Mobilità), che possano sanzionare il mancato rispetto degli obblighi di concessione quali il salto delle corse o il lasciare studenti e lavoratori senza servizio perché gli autobus son strapieni, oppure mezzi talvolta davvero sporchi”.
Ed infine l’auspicio di un rinnovato municipalismo che miri ad una mobilità collettiva degna di città esigenti, ambiziose, solidali, rispettose del valore e della dignità del lavoro, del tempo, della preziosità dello spazio pubblico, dell’aria pulita e del diritto alla mobilità dei suoi cittadini, siano essi ricchi o poveri.

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