Bologna, nella città dove l'emergenza è chiudere i centri sociali

13 Marzo 2017 /

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di Sergio Caserta
In questi giorni a Bologna si svolgono avvenimenti tra loro apparentemente diversi e lontani ed invece molto intrecciati ed interdipendenti: sono lo specchio dell’Italia di questi tempi difficili. Succede che il Comune ha comunicato al centro sociale XM24, di via Fioravanti in zona Bolognina, che la convenzione in scadenza che regola la concessione dello spazio pubblico al centro sociale, stipulata circa quattro anni prima dall’amministrazione precedente, retta dallo stesso sindaco Virginio Merola, non verrà rinnovata, perché in quell’edificio, verrà realizzata una caserma dei carabinieri, per rafforzare il presidio di sicurezza in un quartiere considerato “a rischio”. È da precisare che il progetto di caserma si sa che non è stato condiviso con le autorità competenti.
Il Comune non prende assolutamente in considerazione che il centro sociale XM24 svolge una funzione importante di prevenzione del degrado e di servizio sociale da quindici anni, occupandosi di persone in difficoltà, di migranti, attraverso una serie di attività autogestite che, pur nella loro originalità espressiva, rispondono ad un forte bisogno di socialità, di aggregazione, quindi di lotta all’emarginazione e alla solitudine, problemi di cui soffrono larghi strati di popolazione, soprattutto giovanile in un quartiere molto popolare.
Il comune di Bologna retto da un sindaco che fa ogni giorno professione di fede di sinistra, in verità ondivagando negli schieramenti della diaspora Pd in modo abbastanza disinvolto, non si pone il problema enorme del che fine faranno tutte le attività di aggregazione sociale, culturale e anche di microeconomia. che si svolgono nel centro sociale che è un punto di riferimento per centinaia di persone. Nessuna preoccupazione e nessuna cautela per l’effetto disgregativo sul piano dei rapporti umani che determina la chiusura forzata di un luogo di socializzazione. E meno male che siamo nella terra dell’associazionismo.

Si pone invece il problema di come valorizzare l’intervento edilizio alle spalle del centro sociale, ovvero la trilogia Navile – un progetto faraonico da 300 alloggi – che rappresenta un fallimento per la città, con edifici non terminati e decine di appartamenti invenduti, a causa dell’alto costo conseguente a una pessima pianificazione edilizia che immaginava condizioni di reddito e capacità d’investimento irrealistiche in quella zona già prima della crisi.
Pensa il sindaco che “ripulendo” la zona dall’eccentrica presenza del centro sociale si possa rendere più desiderabile abitare alla trilogia Navile, un quartiere spettrale di gusto architettonico molto dubbio, con le sue torri a cinquanta sfumature di grigio, ma senza alcun appeal. Non si pone il sindaco Merola la preoccupazione di svolgere una funzione maieutica anche verso la diffusa presenza di centri sociali giovanili, in una città frequentata da centomila studenti universitari, cui l’unica aggregazione consentita è quella di sostare davanti ai bar per bere, mentre se si riuniscono per fare attività a loro gradite diventano pericolosi per l’ordine costituito?
Questa è la verità: mentre procedono sgomberi e relative repressioni della polizia, si progettano trasformazioni di aree verdi o di edifici pubblici per realizzare centri commerciali e nuove residenze di cui non c’è alcun bisogno. L’altra città, quella degli affari e dei progetti immobiliari, procede a gonfie vele: si costituiscono mega-varianti per cementificare aree destinate a parco pubblico come nella zona ovest, si demoliscono centri sportivi che non producono utili per aprire qualche supermarket o outlet. La distruzione di aree verdi e la privazione di servizi collettivi vengono allegramente consentite, purché si facciano “affari”, il denaro giri e i soliti noti (oppure occulti finanzieri) continuino ad arricchirsi.
Cosicché ci sono due diverse città, quella dei bisogni e di chi arranca, chi fa i conti con lo stato sociale che evapora, chi non riesce a crescere bene e chi invecchia male, chi vorrebbe almeno organizzarsi e non gli viene permesso, perché la legge è legge, i regolamenti, le procedure, i permessi, i requisiti, i contratti, le obbligazioni, i divieti sono divieti e non si può, mentre chi ha i soldi ottiene i permessi, le varianti, le concessioni in deroga, i favori e tutto gli viene consentito.
Non è un caso, ed è l’anello di congiunzione perfetto, che la Regione stia per approvare una nuova legge urbanistica che di fatto “istituzionalizza” gli accordi privati tra possessori di aree ed edifici come fonte normativa unica per la pianificazione comunale, cosicché saranno esclusivamente i privati a decidere se, come e quando costruire, lo Stato farà da passacarte e da servo di lor signori Poi ci si sorprende se 20 milioni di cittadini al referendum costituzionale mandano a quel paese la “Grande Riforma”,tornando a votare solo per poter gridare il loro No a tutto questo sfacelo. Continuando così, dopo la pioggia arriverà la grandine e “l’inverno del nostro scontento” non scalderà il sole di Bologna, piomberà una glaciazione politica definitiva, state certi è in arrivo.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it l’11 marzo 2017

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