Emmanuel non ha abbassato lo sguardo: ipocrisia di un Paese in cui il razzismo è vivo

8 Luglio 2016 /

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di Loris Campetti
Italiani brava gente. Non sono razzisti, neanche fascisti quelli come Calderoli che danno dell’orango a una ministra dalla pelle nera, non vanno processati dice il Senato a stragrande maggioranza trasversale che in cambio ottiene il ritiro di migliaia di emendamenti da parte dello stesso Calderoli.
Allora, se non è razzista l’ex ministro della Lega, perché dare del razzista e fascista a un imprenditore agricolo marchigiano, tal Amedeo Mancini, allevatore di tori che come si sa se vedono rosso si scatenano e non li ferma più nessuno? L’allevatore invece è allergico al nero e se vede un migrante nigeriano si comporta come i suoi tori di fronte a un drappo rosso. Magari è un balordo, un pazzo come dice Giovanardi ed è inutile perdere tempo a esecrare il delitto.
Già, il delitto perché Emmanuel, che era riuscito a scappare dai massacri di Boko Haram è morto nel centro di Fermo, ammazzato di botte e finito dai colpi inferti con un paletto segnaletico da “un balordo”, anzi meglio da un ultrà della Fermana. Peccato, ma il razzismo non c’entra perché semmai la colpa è un po’ anche sua, di Emmanuel, che se l’era presa per il solo fatto che l’ultrà aveva dato della scimmia alla moglie Chimiary e l’aveva strattonata, una ragazzata da balordi.

Emmanuel avrebbe dovuto abbassare lo sguardo, invece ha reagito e così se l’è andata a cercare. Ha ragione anche il senatore leghista Marco Centinaio che a Palazzo Madama ha ricordato gli indigeni vittime della violenza degli immigrati, dunque, non è il caso di farla troppo lunga per “un negro” ammazzato. Però non esageriamo con i paragoni, un conto è un parlamentare leghista e un altro un contadino ultrà, dunque i benpensanti onorevoli e senatori che avevano negato l’autorizzazione a procedere contro Calderoli possono ben esprimere solidarietà alla moglie di Emmanuel.
Fa bene la scrittrice Michela Murgia a ricordarci la vicenda di Calderoli. Il quale, per chi l’avesse dimenticato, era quello che sfilava in tv con la t-shirt con le vignette che sfottevano Maometto, scatenando una mezza rivolta a Bengasi con undici morti e decine di ferite. Ma per fortuna l’Italia è cambiata e a Fermo è arrivato il ministro Alfano, pare senza padre fratello e prole, per segnalare la forte presenza dello Stato in lotta contro il razzismo. Pensa un po’, Alfano.
Italiani brava gente? Forse no, ma sicuramente le Marche sono un’isola felice. Gente ospitale, tutti fratelli, scappatelle e pacche sulle spalle. Sui Sibillini a fare il pecorino ci pensano i rumeni, nella valle del Chienti a intossicarsi nei suolifici ci vanno gli africani e a spezzarsi la schiena nelle serre sono arrivati i macedoni. Tutti ben accolti, certo purché se ne stiano al loro posto e non pretendano di fare lo struscio lungo il corso prima di cena, neanche fossero proprio fermani o maceratesi o jesini.
Certo, adesso che c’è la crisi, di macedoni, rumeni e africani ne servono un po’ di meno. E questi preti come don Vinicio Albanesi che ospitano i richiedenti asilo stanno cominciando a rompere le palle, magari gli mettiamo qualche bombetta davanti alle chiese così si danno una calmata. Robetta leggera, mica per far male, solo qualche segnale. Le Marche sono un’isola felice dove i padroni sono buoni e fanno l’asilo in fabbrica e gli operai sono rispettosi e si aggiustano lo stipendio coltivando un pezzo d’orto. Certo, qualche balordo c’è anche qui, qualche torero svasticato va messo in conto ma basta non eccitarlo.
Però per Emmanuel le Marche non sono state un’isola felice. Ha attraversato il deserto e il mare sognando un po’ di solidarietà, o anche solo un po’ di normalità, invece a Fermo ha trovato lo stesso odio da cui era scappato. E a Fermo gli è andata peggio che in Nigeria. Ma siccome le Marche non sono l’isola felice non sono neppure l’impero del male: sono un pezzo d’Italia e d’Europa che come il resto d’Italia e d’Europa soffre una crisi economica e culturale, una crisi di rappresentanza, una crisi della democrazia. Più che nella politica azzerata dal pensiero unico, gli anticorpi, che ci sono, vanno cercati nella società marchigiana, quella che martedì prossimo alle 21 riempirà la città di Fermo con parole di solidarietà e di amore.

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